07 Ago QUEL PICCOLO MONDO DI IERI Il campanaro
L’opinione di Don Chino
2019-07-11 08:57:55
“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.” Don Chino
Pezzoli
Il
Campanaro
La vita nei nostri paesi era scandita dal suono delle
campane. Grandi e piccoli apprendevano il significato dei suoni provenienti dal
campanile. Dal timbro e dal suono dei bronzi usati si capiva se si trattava
dell’annuncio di una nascita, di una morte, dell’inizio di una funzione
religiosa, della sosta per il pranzo, del termine della giornata. Dal campanile
scendevano i tocchi delle ore e l’orologio su una facciata del campanile con le
sue lancette indicava i minuti, le ore del giorno e della notte.
Il campanaro era l’esperto nel muovere i batacchi
delle campane per regolare l’orologio. Otteneva con le campane piccole e grandi
una gamma di suoni. Non mancava mai alle celebrazioni più importanti. E in
quelle occasioni, tutti potevano sentire distintamente il risultato del suo
impegno e della sua maestria. Nella torre campanaria il campanaro si aggrappava
alle corde per muovere le campane e permettere ai batacchi di far sprigionare
dal bronzo suoni armoniosi che si diffondevano nelle piazze, nei vicoli, dentro
le case.
Era un duro lavoro quello del campanaro che comportava,
in certi periodi e situazioni; un’attività che metteva a dura prova la stessa
resistenza fisica. Alla fatica muscolare si aggiungeva la puntualità nel far
giungere il suono nelle piazze e case all’ora stabilita.
A mezzogiorno il tocco del campanone permetteva ai
contadini di sospendere il lavoro per il tempo necessario per consumare un
frugale pranzo. Così alla sera i tocchi invitavano tutti a chiudere la giornata
con una preghiera. Non solo. Quando una persona emetteva l’ultimo respiro, il
campanaro con suoni particolari diffondeva la notizia nel paese.
Da giovane sono salito con il campanaro nell’angusta e
suggestiva cella del campanile del mio paese. Un cunicolo sempre più stretto
tra muri angusti che diventavano cunicoli, percorsi su per le ripide scale
polverose e improvvisate con il rischio di cadere. Si respirava un’atmosfera
tutta speciale. Le emozioni e le fatiche portavano al pianerottolo
all’estremità del campanile. Le dieci campane, sostenute da telai di metallo reggevano
le campane con incisioni e dediche di chi le aveva donate. Ebbi una sensazione
particolare, quei bronzi appesi nella cella campanaria per la prima volta li
vedevo da vicino e il volume del campanone che vedevo da casa mia era di una
grandezza triplicata.
Il campanaro
svolgeva un lavoro poco pagato dal parroco. Il resto del lavoro lo svolgeva nei
campi e boschi. Al padre campanaro succedeva il figlio, il nipote, una vera
arte famigliare. Un onere o onore? Ambedue! Fare il campanaro era una
professione acquisita sul campo e difficilmente improvvisata. Nei diversi
luoghi di ritrovo, il campanaro era accolto con un saluto corale, non lo
chiamavano nemmeno per nome: era solo il campanaro applaudito per i suoi
concerti e per l’attenzione nel controllare i tocchi delle ore diurne e
notturne che segnavano il susseguirsi degli impegni.
Oggi il campanaro è rimasto nei ricordi di noi anziani
e il suono delle campane poco amato dalla gente specie se il suono si diffonde
per le case di buon mattino di domenica. Nella piazza di alcuni paesi sono le
campane un richiamo a partecipare alle sante messe. L’impianto elettronico
delle campane ha messo per sempre a riposo il campanaro. È rimasto solo il
nomignolo appiccicato alla famiglia di questi simpatici personaggi del passato.
In alcuni paesi, infatti, la famiglia è soprannominata quella di campanaro.
Nei paesi sperduti tra i monti e le colline qualche raro campanaro è rimasto a
ricordare una passione che ha lasciato nella mente e nel cuore di noi anziani tanti
ricordi. Del resto le campane e il campanaro del nostro paese li portiamo con
noi per risentire quei tocchi che segnavano i diversi momenti della giornata e
gli eventi lieti e tristi della nostra piccola storia. Il campanaro devoto al
suo campanile era un richiamo di appartenenza al proprio paese. Sì, perché nel
passato il campanile segnava l’identità del paese e il campanaro indicava, con
i suoi concerti, i momenti importanti da vivere insieme.
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