QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : le benedizioni del parroco

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : le benedizioni del parroco

L’opinione di Don Chino
2019-04-17 17:02:15

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

Le benedizioni del parroco  

Negli anni ‘40, ’50,
la benedizione era il toccasana di tutti i mali. Scacciava le formiche dal
lavandino, risanava le ferite, allontanava il malocchio, garantiva la fecondità
della stalla, faceva star bene gli ammalati e riposare in pace i morti. Il
parroco don Giovanni di un paesino ficcato sul pendio delle colline
bergamasche, aveva il dono delle benedizioni. Le mamme, gli portavano i bambini
influenzati da benedire, le donne i mariti in crisi da spruzzare con l’acqua santa,
le vedove spesso gli chiedevano una sua benedizione speciale per trovare un
uomo o “per tirare grandi i figli”, le zitelle (erano molte), imploravano la
grazia di un uomo anche vedovo con prole.
 

Il parroco rimaneva
con l’aspersorio sempre in azione, e congedava i suoi fedeli con un “pater ave
e gloria” da recitare ogni giorno. Un santo prete, si andava dicendo, le sue
benedizioni facevano miracoli. La fama del parroco si diffuse nei paesi vicini
e con la fama iniziò il pellegrinaggio. Le benedizioni erano gratuite, ma la
buona gente d’allora voleva lasciare al prete un segno di riconoscimento o
meglio un dono perché la benedizione ottenesse l’effetto desiderato. Consegnava
quindi alla perpetua Pierina: sei uova, un pezzo di burro, di formaggio, un salame,
una gallina già spennata.

La giornata del parroco iniziava la mattina
alle sette per finire la sera verso le otto. Nemmeno il Padreterno dispensava
tante benedizioni! Piccolo, rotondo, zelante, con i bottoni della veste ora
mancanti, ora penzolanti nella lunga fila delle asole, con le scarpe tumefatte
per il sudore, il prete sospendeva le sue benedizioni solo due giorni prima
della festa patronale, San Antonio abate. In quei giorni raccomandava ai suoi
fedeli di partecipare ai sacramenti, alla processione. Durante un sermone
domenicale, prima della festa, insistette che anche i mariti onorassero il
santo patrono con la confessione, comunione e processione.
 

Prima della festa
patronale il parroco benediceva le stalle le stalle. Una donna dopo che il parroco
raccomandò di partecipare alla festa del patrono, gli chiese di recarsi
urgentemente nella sua stalla. Il buon prete comprese che si trattava di una
benedizione speciale, urgente. S’informò quindi che cosa non andava nella
stalla. La donna assicurò che i vitelli erano sani e che le mucche facevano il
latte. Il problema era un altro, il toro che non fecondava le mucche. Il
Parroco, dopo uno sbuffo asperse il toro e mentre usciva dalla stalla consigliò
la donna di dargli da mangiare perché era deperito.
 

Capitò che per circa
due mesi don Giovanni sospese le benedizioni per altri impegni, la gente si
lamentava e qualche donna che considerava le benedizioni del parroco un segno
di Dio sulla terra, andava dicendo che erano in arrivo dure prove e disgrazie.
Pierina, la perpetua, interpellata dalle amiche, sull’accaduto era solita
rispondere: “Io non so niente, proprio niente!”. Ma poi, tra le amiche più
intime, si lamentava perché in cantina la scorta delle uova, burro, salame e
formaggio diminuiva.

Il motivo di questa sospensione delle
benedizioni era dovuto per far capire ai fedeli che le benedizioni dovevano
essere chieste con fede e per il bene dell’anima. Il buon parroco rimediava, in
parte, alle scorte di salami in cantina con altri impegni non sempre pastorali.
Faceva il paciere nelle famiglie, il consigliere di testamenti, il mediatore
gratuito nelle compravendite. Ogni lunedì andava a sollecitare negli uffici
pubblici, il disbrigo delle pratiche dei parrocchiani analfabeti. Faceva molta
carità, la sua parrocchia era aperta a tutti i mendicanti locali o di
passaggio.
 

Il momento di gloria
per il parroco era la festa di san Antonio in cui sostava in chiesa dalle prime
ore del mattino fino a sera In una mano teneva la reliquia del santo e nell’atra
l’aspersorio con accanto il chierichetto con il secchiello dell’acqua santa.
Spruzzava acqua benedetta sulle teste di tutti e faceva baciare la reliquia. Pregava,
benediva, richiamava qualche bambino che per ricevere più benedizioni s’
intrufolava tra i devoti. La messa solenne nel giorno del santo e la predica
erano preparate con cura. I suoi consigli erano pochi ma saggi: ricordava
sempre che la confessione e la comunione erano più importanti delle sue
benedizioni e che in Paradiso c’erano molti posti vuoti, mente all’Inferno
tutti i posti erano occupati, raccomandava la concordia nelle famiglie e la
carità ai più poveri.
 

Ripeteva tutti gli
anni alla sua gente che “la carità onesta, esce dalla porta e entra dalla
finestra”. La perpetua Pierina nelle prime panche, scrollava il capo in segno
di dissenso. Non tutti, secondo lei, erano veri poveri quelli che riempivano in
parrocchia la borsa. Ma il parroco non si lasciava influenzare da Pierina,
convinto che nulla è più pericoloso di un’idea, quando è l’unica che si ha. Lei
ne aveva una soprattutto, pensava che i poveri non c’erano e che tutti quelli
che bussavano alla porta della canonica fossero finti. Il parroco si limitava a
ripeterle che la carità fa bene a chi la fa…

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