07 Ago QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : Osti e Osterie
L’opinione di Don Chino
2019-01-16 17:12:41
“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.” Don Chino
Pezzoli
Osti e
osterie
L’osteria e l’oste, uno spazio e una persona
leggendari. A caratteri cubitali all’ingresso delle osterie c’era la scritta:
“Osteria” e affiancato: Vino. Nel locale arredato con tavoli e panche vegliava
l’oste quasi sempre cicciottello con baffetti e due occhietti vigili sugli
avventori. Li controllava, non tanto perchè evitassero le sbornie e non
facessero danni nel locale, ma perché pagassero quanto consumavano.
I mariti brilli o con la sbornia, di solito con le
buone maniere o cattive, venivano fatti rincasare dalle mogli che si recavano
in osteria a tarda sera scaricando sull’oste e sul marito tanta rabbia. Quei
soldi spesi in osteria servivano per sfamare la numerosa prole. Le parole o parolacce e le risse per far
rientrare in casa i mariti ciuchi, per rispetto le lascio nella penna.
In osteria
oltre a bere si mangiava. Che cosa si mangiasse è facile saperlo, si trangugiava
ciò che offriva l’oste. Soprattutto ciò che produceva l’orto in quella
determinata stagione: insalata, verze, patate, zucca, pomodori e altro. Si
gustavano i sanguinacci o le cotiche se il maiale era stato appena (o da poco)
macellato. Non mancava lo stracotto di asinina, il cavallo lessato o cotto alla
brace. E poi gli animali del cortile: pollastri,
capponi, tacchini, oche e anatre. Non mancavano mai i formaggi stagionati, la
fetta di lardo, di salame, di cotechino e l’uovo sodo.
Per placare la sete del cibo spesso pepato e salato,
si beveva il vino. I fiaschi troneggiavano sui tavoli in compagnia delle
caraffe. L’osteria era un’occasione per
bere un bicchiere di vino “sincero”, non si dimentichi infatti che nelle case della
gente comune si beveva un vino scadente. Nel
sottobanco delle osterie l’oste teneva nascosta la grappa da servire ai
bevitori come coronamento delle serate. L’oste si vantava che fosse di
produzione propria.
L’oste conosceva ogni notizia del paese o borgata, era,
per dirla in parole ora in uso, l’animatore del tempo libero dei suoi clienti
stressati dal lavoro con pochi soldi in tasca e tanta voglia di rimuovere dalla
loro testa i tanti problemi famigliari. L’oste raccontava non solo i sapidi
aneddoti dei famosi mangiatori e bevitori che avevano frequentato il suo
locale, ma anche i racconti di mirabolanti battute di caccia. Parlava della
gente per bene e dei birbanti e ascoltava le nuove per essere aggiornato dei
fatti del paese e dei paesi vicini. E come tutte le storie che sono riportate, nel trasmettere i contenuti specie l’oste,
ci metteva del suo per soddisfare i clienti analfabeti e boccaloni.
Nelle giornate di festa ricorrenti durante l’anno in
onore dei santi e sante patroni del paese, nelle osterie si suonava la
fisarmonica, si ballava e cantava. Queste erano le uniche occasioni in cui le
mogli e le nidiate dei figli accompagnavano i mariti in osteria. Le mogli
facevano crocchio tra di loro e sbirciavano i mariti perché non alzassero
troppo il gomito. Non era un’impresa facile e il più delle volte, il vino
sorseggiato tra una risata e l’altra, cambiava gli umori e la festa finiva in
rizza, anche per gelosia. L’oste si metteva sempre di mezzo come paciere, non
tanto perché volesse tutelare la coppia, ma solo per non tirarsi tra i piedi gli
sbirri.
Le osterie e gli osti sono ormai appartenenti a quel
piccolo mondo del passato dove gli uomini lavoravano dallo spuntare del sole al
tramonto e quando possedevano qualche lira
la mettevano tra le mani dell’oste in cambio di un bicchiere di vino, anche
due, tre. L’oste conosceva bene i suoi clienti saltuari e abitudinari, a questi
ultimi riservava maggiore attenzione anche se gli davano, di tanto in tanto,
qualche problema di ordine pubblico. Così
andavano allora le cose, gli uomini con il fiasco da sgolare si sentivano
qualcuno, come Renzo di manzoniana memoria nell’osteria della Luna Piena.
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