07 Ago SOBRIETA’ 2
Pensaci Su…
2018-08-08 14:11:50
Tratto dall’ultimo libro di Don Chino ” Tracce di moralita’ ”
Fonte
d’identità
Se è vero che
sobrietà è semplicità, essenzialità, leggerezza, allora questa virtù può
aiutarci a evitare la frammentazione della vita quotidiana e il rischio delle
assolutizzazioni. Un “io sobrio” significa un io unitario, non distratto,
ma equilibrato, armonico, morale. Un’identità misurata significa che una
persona è sicura di sé e unitaria nelle sue scelte. La sobrietà tocca
prima di tutto la dimensione identitaria, il rapporto con se stessi.
L’individuo in questo senso non è più proprietario, teso quindi
all’accumulazione, ma solidale e dunque capace di condivisione e di una
capacità selettiva sulle cose. Pensiamo per esempio alla gestione del tempo,
alla responsabilità nel decidere i tempi della vita. Anche il Vangelo ci offre
un esempio interessante quando Gesù guarisce l’indemoniato, liberandolo dai
tanti “demoni” che dividono la persona e la scindono al suo interno. Come
ricorda lo scienziato tedesco W. Sachs:
“Un eccesso di cose e oggetti non fa che intasare la vita quotidiana,
distrarre in mille modi la nostra concentrazione e toglierci l’energia che ci
serve per trovare una linea chiara da seguire nella vita. Chi non riesce a dare
la giusta dimensione al proprio rapporto con le cose, infatti, finisce per non
aver più risorse sufficienti per dar forma al proprio progetto di vita”.
Servizio verso gli altri
La sobrietà è
servizio verso gli altri. Essa ha il potere di colorare la vita in una
prospettiva solidale. La moderatezza indica il primato dell’altro come
principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli
altri. Essere solidali verso il prossimo comporta assumere una certa
moderazione nelle nostre esigenze, alcune persino inutili, per riservare disponibilità agli altri, specie a chi vive con noi o per
chi ha bisogno di aiuto. Penso spesso, cari ragazzi, alla sobrietà di Gesù
riportata dagli evangelisti, nel suo abbassamento, nel suo prendersi
cura dell’uomo lebbroso, paralitico, affamato, solo e senza speranza. Il suo
invito: “Venite a me, voi tutti, che siete
affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”. Chi sono gli
oppressi e affaticati? I poveri, gli emarginati. Gesù accoglie coloro che noi gettiamo sulla
strada, predilige chi è disprezzato, chi non è considerato da nessuno, i ladri
e le prostitute perché sono i più bisognosi del suo amore. Non
possiamo però dimenticare, ragazzi e ragazze, che la sobrietà esprime anche il
modo di vivere e di vedere il mondo con lo sguardo dei poveri e proprio per
questo è una scelta morale.
La
civiltà dell’accumulo
La sobrietà va
rapportata anche all’uso dei beni materiali. Va osservato che questo è forse
l’aspetto più attuale di questa virtù. La ricerca è ancora in corso e ci vorrà
tempo per capire verso quali scelte di fondo si orienterà la comunità mondiale
rispetto al neoliberismo e al trionfo dei consumi. Tutta l’economia, dice il
Papa Francesco, è da ripensare. Per riesaminare l’economia, bisogna
partire dalle piccole scelte quotidiane che tutti siamo chiamati a fare, usando
i beni per scelte solidali, avendo cura del Creato e misurandoci con la povertà
delle famiglie che ci vivono accanto. Il politico scrittore Alex Langer,
scrive: “Bisogna passare da una
civiltà del sempre di più a una civiltà del può bastare, forse è già troppo”.
Nella prospettiva della sobrietà non si tratta “di dare di più” ma di
“prendere di meno”. Ciò significa ragionare in modo tale da far
valere e rispettare i diritti dell’ambiente e delle generazioni future. La
sobrietà non solo deve portare all’etica del limite, della misura,
dell’equilibrio, ma anche alla cultura dell’armonia, della bellezza e della
qualità. Per questo, dovremmo iniziare a parlare di una estetica della sobrietà
(il gusto, la forma), e di eleganza della semplicità.
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