I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Rachel Corrie

I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Rachel Corrie

L’opinione di Don Chino
2017-12-06 18:38:14

Il 16 marzo 2003 Rachel Corrie viene uccisa a ventitre anni

Il 16 marzo 2003
Rachel Corrie viene uccisa a ventitre anni nella Striscia di Gaza schiacciata
da un bulldozer dell’esercito israeliano mentre tentava con altri volontari
dell’International Solidarity Movement di impedire la demolizione di case
palestinesi.

 Era nata a Olympia (Washington) 1979,
uccia a  Rafah (Palestina) 2003

“Nemmeno mille pagine di libri, mille documentari,
mille conferenze o mille racconti avrebbero potuto prepararmi a quello che ho
visto qui”, scrive Rachel Corrie ai genitori dalla Palestina. E ancora, in una
lettera alla madre del febbraio 2003: “Bisogna che finisca. Credo che sia una
buona idea per tutti noi, mollare tutto e dedicare le nostre vite affinché ciò finisca. … Quello che provo è
incredulità mista a orrore. Delusione. Non era questo che avevo chiesto quando
sono entrata in questo mondo. … Non intendevo dire che stavo arrivando in un
mondo in cui potevo vivere una vita comoda, senza alcuno sforzo, vivendo nella
completa incoscienza della mia partecipazione a un genocidio”.

Rachel partecipa attivamente alle iniziative del
Movimento per la Pace e la Giustizia nella sua città. Come membro
dell’International Solidarity Movement (ism) chiede il permesso di recarsi in
Palestina, durante l’ultimo anno di college, per prendere parte alle azioni di interposizione organizzate dal
Movimento. Lascia con alcuni amici gli Stati Uniti il 18 gennaio 2003;
giunta a Gaza frequenta un breve corso di addestramento in filosofia e tecniche
di resistenza non violenta, quindi si unisce ad altri attivisti e nei due mesi
successivi partecipa a diverse azioni: un finto processo al presidente George
W. Bush, per crimini contro la popolazione di Gaza; una azione di
interposizione a protezione dei pozzi d’acqua del luogo; la manifestazione
contro la guerra in Iraq, durante la quale dà fuoco a una bandiera di carta
degli Stati Uniti.

Nel corso della sua permanenza nella
Striscia di Gaza, oltre al succedersi di spari che colpiscono uomini e donne,
vecchi e bambini, case, ospedali, autoambulanze, in modo spesso improvviso e
imprevedibile, Rachel documenta la distruzione di venticinque serre; l’opera di
smantellamento della strada che porta alla città da parte dei soldati
israeliani; la sparatoria contro gli operai che tentano di ricostruire i pozzi
dell’acquedotto di Rafah, già distrutti dalle ruspe dei militari.

Il 16 marzo 2003 per circa due ore un gruppo di
sette attivisti dell’ISM, tra cui Rachel, cerca di impedire che vengano
abbattute alcune abitazioni nella periferia di Rafah, ostacolando il lavoro di
due bulldozer che sono scortati da un veicolo da combattimento israeliano. Vengono sparati gas lacrimogeni per disperdere i
dimostranti senza riuscire a scoraggiarli.

Dopo la distruzione della prima casa, la
ragazza, munita di megafono e di un giubbetto fluorescente rosso, continua a
porsi sulla traiettoria di uno dei due mezzi gridando al manovratore di
fermarsi. Il bulldozer, un mastodonte di sessanta tonnellate progettato
appositamente dalla Caterpillar per le demolizioni, procede spianando il
terreno con la sua gigantesca pala e accumulando terra, detriti e arbusti
divelti davanti a sé. Rachel prima si arrampica sulla cima del cumulo e si
siede, poi si alza in piedi in modo da porsi al di sopra del livello della
pala, mostrandosi chiaramente al manovratore. Improvvisamente il bulldozer si
rimette in movimento, Rachel cade, la pala le passa sopra. Secondo i testimoni,
dopo averla coperta di terra il bulldozer fa marcia indietro e le passa sopra
una seconda volta. «Non può non averla vista», sostengono. Quando gli amici
riescono a fermare il bulldozer e a soccorrerla, Rachel è svenuta. Riprenderà
conoscenza in ospedale, a Rafah. «Ho la schiena spezzata», dice. E muore.

 Gli israeliani
abbattono migliaia di case, violando le convenzioni internazionali, prendendo a
motivo la prevenzione dal terrorismo e avendo spesso a motivo lo sgombero di
territori per la sicurezza dei coloni o i nuovi insediamenti. Abbattono
giardini, orti, frutteti, serre.  Rachel
di fronte a tanta ingiustizia commenta: “Penso
a quanto tempo ci vuole per far crescere le cose e quanta fatica e quanto amore
”.
Spiega che vale la pena di dedicarsi a medicare quella violenza: “Voglio andare a ballare e avere dei ragazzi
e disegnare fumetti… Ma voglio anche che questo finisca… Non era questo che
intendevo, quando guardavo il lago Capital e dicevo: questo è il vasto mondo e
sto arrivando!
Sa che la propria differenza la tiene al riparo, ma immagina
che possa finire tanta violenza. Dice anche il motivo della sua presenza : “Il motivo semplicemente al fatto che io
mi trovo in mezzo a un genocidio che anch’io lo sostengo in modo indiretto, in
quanto il mio Governo  è in larga misura
responsabile”.
Il suo è un gesto che vuole espiare la violenza inflitta ai
Palestinesi anche dagli Sati Uniti.

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