I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Ilaria Alpi

I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Ilaria Alpi

L’opinione di Don Chino
2017-11-22 16:15:19

Il coraggio di conoscere la verità

Il 20
marzo 1994: Ilaria Alpi viene uccisa in un agguato a Mogadiscio. Depistaggi e
tante bugie: dopo due decenni ancora non sappiamo chi ha voluto la morte della
giornalista Ma conosciamo il movente: le sue ricerche sui traffici di armi e
rifiuti.

Ilaria Ali nata  a Roma, 24 maggio 1961,
assassinata a
 Mogadiscio, 20 marzo 1994, è stata una giornalista e fotoreporter italiana del TG3.

Scriveva Ilaria: “Non cerco giustizia, voglio solo conoscere
la verità
”. Non vede
la fine della lunga battaglia iniziata 23 anni fa. Da allora processi,
commissioni parlamentari e inchieste giornalistiche non sono riuscite a fare
definitiva chiarezza sulla vicenda. Ilaria voleva conoscere la verità dei
crimini della violenza e dell’inquinamento: armi e rifiuti. Un traffico occulto
tra il nostro Paese e la Somaglia

Non si sa chi faceva parte del commando di sette
uomini che sparò sull’auto che trasportava la giornalista né chi sia il
mandante dell’omicidio. A pagare è
stato un innocente: Omar Hassan Hashi, condannato nel 2003 a 26 anni di
carcere.  Nel 2015, il programma
televisivo ‘Chi l’ha visto?’ aveva rintracciato il suo principale accusatore,
Ahmed Ali Rage detto “Gelle”. Alle telecamere dichiarò di essere stato pagato
per mentire. Così nel gennaio del 2017 il tribunale di Perugia ha ridato la libertà
ad Hashi.

Nelle motivazioni della sentenza, i giudici perugini parlano chiaramente di
“attività di depistaggio” che hanno portato alla condanna di un
innocente. La procura di Roma ha aperto dunque un nuovo fascicolo, ma il 4
luglio 2017 ne ha chiesta l’archiviazione: “Dopo 23 anni è impossibile accertare killer
e movente – scrive nella richiesta il pubblico ministero e non c’è
nessuna prova di depistaggi”.

L’avvocato, Domenico D’Amato con determinazione,
afferma: “Non sarà un’archiviazione a
mettere fine alla ricerca della verità”.
Una ricerca durata 23 anni, che ha scavato le radici nel lavoro di
inchiesta di Ilaria, che cercava le prove di un traffico di armi e
rifiuti tossici tra Italia e Somalia.

Ma Ilaria
stava seguendo una pista che coinvolgeva sia i signori della guerra in
Somaglia sia delle navi provenienti dall’Italia. Per questo la settimana prima
Ilaria era andata a Bosaso, una città portuale nel nord della Somaglia, per
intervistare il “sultano” Abdullahi Moussa Bogor, riguardo una nave sequestrata
dai pirati, forse utilizzata per i traffici illeciti.

Ilaria veva forse scoperto
qualcosa che non doveva scoprire.
Il corpo della giornalista viene portato in Italia.
Ma nel viaggio di ritorno succede qualcosa: i sigilli dei bagagli vengono
aperti, spariscono gli appunti di Ilaria. “Un
giallo nel giallo”,
scrissero i giornali d’allora.

 

La
testimonianza della mamma di Ilaria: “C’è
un Paese intero che da più di 20 anni chiede la verità. Una verità che si è
fatto di tutto per nascondere. Forse divulgarla ci avrebbe indignato troppo,
avrebbe schifato anche un Paese come il nostro che conosce molto bene cosa sia
il pelo nello stomaco e che convive senza farsi troppe domande con i
misteri della storia”.
 Sono trascorsi ormai 23 anni da quel 20 marzo
1994, giorno in cui Ilaria Alpi, giovane giornalista, inviata del Tg3, è stata
uccisa in Somalia. Mamma Luciana Alpi, la mamma di tutti i figli d’Italia che
non hanno avuto giustizia, dopo aver subito anche l’umiliazione di formali
ossequi dalle autorità, ha preso una difficile decisione: gettare la spugna.

Ma
attenzione: non si è arresa. Il suo è un altro modo di combattere. Continuare a
difendere il nome di una figlia che in tanti nelle istituzioni hanno fatto
finta di piangere in questi due lunghissimi decenni. Il suo è stato l’ergastolo
del dolore, quello che tocca a tutti i genitori che hanno avuto la condanna di
dover seppellire i propri figli, ma questa donna, personificazione della
dignità di una fetta del nostro Paese, non ha avuto la consolazione neppure di
sapere che i responsabili (quelli veri) sono stati assicurati alla giustizia.
Dolore doppio.

“Con il cuore pieno di
amarezza, come cittadina e come madre – ha aggiunto Luciana Alpi – ho dovuto
assistere alla prova di incapacità data, senza vergogna, per ben ventitré anni
dalla Giustizia italiana e dai suoi responsabili, davanti alla spietata
esecuzione di mia figlia Ilaria. Non posso tollerare ulteriormente il tormento
di un’attesa che non mi è consentita né dall’età né dalla salute”.

Viene da pensare a quelle due parole, due pietre, di
Pasolini che calzano a pennello in questa vicenda torbida: Io so. Alcuni
sanno chi sono i mandanti dell’assassinio di Ilaria Alpi, anche se
continueranno a nasconderli. 

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