Il male si vende bene… al mercato dei media

Il male si vende bene… al mercato dei media

Pensaci Su…
2017-05-03 10:15:52

Circola nelle testoline di molti un’idea che ha del maniacale: pubblicare il male,

Circola nelle testoline di molti un’idea che ha del
maniacale: pubblicare il male, strombazzarlo per attirare assensi, attenzioni e
consensi elettorali. Ogni fatto o episodio finisce con titoloni sulle prime pagine
dei quotidiani, nelle testate dei telegiornali e occupa  alcuni programmi televisivi in cui le
opinioni non vengono scambiate tra i partecipanti, ma lanciate come strali
sull’avversario. Il male

(in questo termine ci metto corna, menzogne, ricatti, furti,
droga, violenze)  pubblicizzato è ormai
un business sicuro: rende anche in questi momenti di crisi economica.

Già il Manzoni diceva che basta far partire una notizia
(meglio un pettegolezzo)  al mattino che
passa di bocca in bocca e alla sera ritorna al mittente. Si tratta di un modo
per far sapere ciò che succede o per suscitare interessi in chi passa le
giornate davanti al televisore o con in mano un quotidiano, rompendo così la
monotonia delle giornate. Gli interessi, mi spiace, non si spigolano tra i
pettegoli, sono presenti nella mente che riflette, valuta, si confronta. Sono i
faciloni e i babbei che sono a caccia di notizie tendenziose da portare in
ufficio, al ristorante mentre addentano la bisteccona innaffiata dal mosto che
mette in circolazione emozioni, pregiudizi, rivalità. 
 

Sono gli sfaccendati a tifare per qualcuno e denigrare altri,
a strombettare i difetti e  i vizi,
quelli capitali soprattutto. Il vizio della lussuria pare sia ormai passato al
primo posto, facendo retrocedere la superbia e l’invidia.  In passato i bacchettoni delle tresche
sessuali furono i preti e qualche religioso seguace del Savonarola. Ora no, ora
i preti e i prelati sono di manica larga, assolvono questo peccatuccio ancor
prima  che sia commesso o confessato. Anche
perché ci sono altri interessati a far “brillare” tra il popolo questo vizio
antico e moderno.

Ma ciò che più infastidisce è far diventare chiacchiera,
pettegolezzo, calunnia il male vero o presunto. Ergersi a moralisti va di moda,
è un segno nuovo dei tempi. Che tempi? Quelli della ipocrisia. Se vale l’invito
di Cristo di lanciare la prima pietra a chi è senza peccato, sono certo che tra
i lapidatori ci sarebbero quelli che ostentano le loro presunte virtù
davanti  sul piccolo schermo. Scagliare
le pietre verso qualcuno serve per essere risparmiati dalle stesse.

I  trombettieri del
male altrui lo proiettano sugli altri  il
loro male come atto di catarsi, di liberazione.  Gi antichi ricorrevano al “capro espiatorio”
cui affidare i vizi del villaggio, ora ci sono altri “capri espiatori” che, di
volta in volta, vengono caricati delle colpe altrui e buttati in pasto ai
famelici del popolo. L’intento è il medesimo: liberare se stessi dal male,
rovesciandolo sugli altri.  Ma in passato
il rito del “capro” si svolgeva nel villaggio, ora i mezzi di comunicazione lo
diffondono “urbis et orbis”.
 

Ci si prova gusto a soffermarsi sul “caso” che stuzzica la
curiosità e qualcosa d’altro. Mi chiedo: quale messaggio ricevono i nostri
ragazzi e giovani? Ve lo dico subito: i ragazzi soprattutto pensano di vivere
in un mondo dove il bene non c’è, e quindi 
si adeguano a sguazzare nella melma dell’utile, della passione. “Fanno
tutti così”, gli dicono gli adulti; “fa quello che voi” gli consigliano i falsi
maestri;  “se vuoi apparire fatti notare,
trasgredisci”, è il consiglio dei media. Mai come adesso vale  il detto evangelico di non scandalizzare i
piccoli e in questi “piccoli” mettiamoci un po’ tutti. Anzi, il vangelo
consiglia gli amanti degli scandali di mettersi una macina da molino al collo e
sprofondare in mare. Un consiglio disatteso da molti trombettieri di scandali
che preferiscono mettersi al collo un simbolo di partito e sprofondare in una
marea di applausi. Che delusione!

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