07 Ago Chiamarli “disonesti” non può essere reato
Pensaci Su…
2017-03-16 07:56:54
Nei dibattiti televisivi e negli articoli di fondo dei giornali di questi ultime settimane,
Nei dibattiti televisivi e negli
articoli di fondo dei giornali di questi ultime settimane, ci si sofferma su
una virtù ormai in crisi: l’onestà. La virtù dell’onestà suggerisce il rispetto
dei propri e altrui beni e la suddivisione equanime degli stessi.
L’affermazione di chi è inquisito per il denaro maltolto, m’infastidisce. “Sono sereno, afferma Caio, sono sereno
ribadisce Sempronio!”. Non capisco se la
serenità derivi dalle sicurezze difensive messe in atto o dalla coscienza
libera da ogni addebito.
Certamente si deve essere garantisti su
tutti, ma anche realisti. La persona disonesta che ha arraffato a destra e a
manca è visibile, tangibile, basta verificare la sua scalata verso il “monte”
dell’avere. Non so come mai il termine
disonestà per gli appartenenti alla casta dei privilegiati, (in modi diversi)
viene ritenuto improprio e si rischia persino denunce se si sospetta che
qualcuno abbia ricevuto bustarelle, pizzi, tangenti.
Ho sempre presente un principio
sacrosanto: “quello che si fa, prima o poi lo si viene a sapere”, magari non
subito, dopo alcuni anni. “Il tempo è galantuomo”, dice un proverbio popolare.
Credo proprio di sì: prima o poi le “mutande sporche vengono messe in pubblico
anche se per molto tempo sono state
nascoste dai pantaloni puliti.
Forse, vale la pena prevenire la disonestà più che curarla con
accanimenti giudiziari che come bolle di sapone si gonfiano e poi
s’afflosciano.
Come? Favorire una mentalità che
considera i soldi, i beni, le proprietà funzionali ai bisogni reali della
persona e non come potenziamento della propria immagine. Vale chi avvalora il
suo essere, le sue conoscenze, la sua disponibilità affettiva e non chi ostenta
il suo impero economico. I ragazzi e i giovani hanno bisogno di modelli, di
esempi, di persone normali e non di palloni gonfiati che coprono la loro vita
di banconote, assegni, residence, conti al sicuro nei paradisi fiscali.
Basta con gli scandali che infettano la
mente delle nuove generazioni e preparano la società futura del “niente”.
Cristo fa una domanda: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo se poi perde se
stesso?”. Una domanda che stona tra i soloni che osannano le loro mani pulite e
ignorano la coscienza sporca. Prevenire vale di più che curare questo vizietto
rappresentato nella lupa dantesca di cui il poeta ci assicura che” dopo aver
mangiato ha più fame di pria”.
La terapia dell’avarizia e della cupidigia è
possibile se si fa crescere le persone in ambienti familiari e sociali in cui vale un saluto, un sorriso, una carezza,
un abbraccio, la condivisione della gioia e del dolore. La casta dei
ladri eccellenti , aumenterà se non ci fermeremo per decidere che tipo di uomo
vogliamo. Ricco, potente, capace di farsi notare, con un’aureola di potere
attorno alla zucca? O un uomo normale che vive e testimonia il valore della sua
piccola vita.
Qualcuno ha definito l’uomo d’oggi il
nuovo Ulisse che non ha alle spalle nessuna Itaca e, quindi, non sa dove
volgere la prua della sua nave per raggiungere la meta. E’ un uomo smarrito che
all’esterno ostenta sicurezza e certezza, mentre interiormente è spaesato,
stranito, senza bussola morale. L’uomo è
un piccolo mondo di meraviglie, ha in sé potenzialità per essere vero, umano,
intelligente, affettivo. Sono pertanto convinto che la stessa libertà che lo fa
decadere, lo può far ascendere verso l’alto.
Don Chino Pezzoli
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