07 Ago IL GIARDINO DEGLI ANGELI
Pensaci Su…
2016-07-21 09:57:15
E’ chiamato il giardino degli angeli dove seppellire i bambini mai nati, feti e creature effimere che appassirono il giorno stesso in cui videro la luce
E’ chiamato il giardino degli angeli dove seppellire i bambini mai nati,
feti e creature effimere che appassirono il giorno stesso in cui videro la
luce: sulle loro lapidi la data di nascita che coincide con quella di morte. Il
progetto risponde all’obiettivo di assicurare un luogo di sepoltura ai corpi
dei bimbi non nati i cui corpi, in mancanza di richiesta esplicita di
seppellimento, vengono smaltiti alla stregua di rifiuti ospedalieri. È un segno
di civiltà e di umanità, di rispetto della dignità umana, di riconoscimento che
la vita stroncata dall’aborto era comunque, una creatura, indipendentemente
dall’essere nata o meno.
È un modo semplice per
schierarsi dalla parte dei bambini che non sono mai tali, per difendere la loro
dignità di esseri umani, per cercare, in qualche modo, di riconoscere la vita
che è, sebbene per breve tempo, scorsa nelle vene dei loro fragili corpicini,
del fioco bagliore di un’esistenza spenta ancora prima di essere accesa, ma pur
sempre un’esistenza degna di lode.
E infondere nella mamme
almeno la fiducia in una vita già esistente che sta per nascere. In un’opera
così meritoria, però, non manca di levarsi un dubbio: una mamma che ricorre
all’aborto, quanto valor dà alla vita e, di conseguenza, alla morte del figlio
che concepito e ha portato in grembo? Un dubbio forte che non può essere
taciuto o peggio abbandonato alla pura cronaca di media. L’impressione è che
alcune mamme sono prive di speranza in quella vita che considerano solo “un nodo di cellule appena iniziate”.
Oriana ricorda nell’accorata lettera che sua madre non
la voleva far nascere perché era
“ incominciata per sbaglio, in un attimo di altrui
distrazione”. Beveva ogni sera piangendo una medicina per abortire, “fino alla sera in cui mi mossi, dentro il suo
ventre. E le tirai un calcio per dirle di non buttarmi via”. Il messaggio
sconcertante sta nelle parole “non
buttarmi via”. Una vita buttata non potrà rotolarsi in un prato e
riscaldarsi ai raggi del sole. Una vita mai nata è il nulla ed peggiore del nulla.
Terribile! Proprio nel caso dell’aborto si registra
la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di «interruzione della
gravidanza», che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità
nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo
di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà
delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque
venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza,
compresa tra il concepimento e la nascita.
Il bambino mai nato è totalmente
affidato alla protezione e alle cure di colei che lo porta in grembo.
Eppure, talvolta, è proprio lei, la mamma, a deciderne e a chiederne la
soppressione e persino a procurarla. È vero che molte volte la scelta abortiva
riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di
disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente
egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti
beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri
membri della famiglia. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, dimostrano che
viene a mancare quella necessaria fiducia nella richiesta di una vita che vuole
nascere. Alla mamma dico con forza: “Almeno tu non perdere la fiducia è tuo
figlio!”. Degna
di un amore che, per varie ragioni, è stato a loro negato…
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