Lettera aperta a Silvio Berlusconi dopo l’affidamento ai Servizi Sociali

Lettera aperta a Silvio Berlusconi dopo l’affidamento ai Servizi Sociali

L’opinione di Don Chino
2014-04-11 09:54:32

Presidente Berlusconi, se la sua scelta per scontare la pena è per gli anziani, i disabili, merita rilievo e stima.
Presidente
Berlusconi, se la sua scelta per scontare la pena è per gli anziani, i
disabili, merita rilievo e stima. Gli anziani e gli inabili sono le persone più
dimenticate, abbandonate. La sua presenza evidenzierà una sofferenza che merita
attenzione e rispetto. Dopo aver per più di vent’anni atteso spesso a una
politica di carte, di voti, di amici poi divenuti nemici, ora dedicherà alcune
ore al contatto umano più vero per lenire la solitudine dell’anziano, di chi
nella società non conta, ma che c’è ed è una persona che chiede attenzione,
gratitudine. Incontrerà nella casa di riposo alcuni suoi tifosi, ma anche
alcuni avversari. In poco tempo la sua presenza, la disponibilità all’ascolto,
al dialogo, i tifosi aumenteranno, perché per fare proseliti ciò che conta è il
messaggio del cuore. Le servirà questa esperienza, non sarà un obbligo di
servizio, ma un servizio-dono, un “ricevere” molto. Io penso che in noi anziani ci sia una precisa consapevolezza del valore
della nostra esperienza, di quanto abbiamo appreso dalla vita. Siamo noi
anziani a rilevare, le nostre nuove capacità affettive, relazionali, il bisogno
d’amare e di essere amati. I sentimenti famigliari uniti ai vissuti affettivi,
ci permettono ogni volta di entrare in contatto con le persone da desiderare e
amare.  E’ certamente il tempo degli
affetti quello della terza età e anche una persona che ha messo nel fare le sue
forze, se si ferma nello spazio degli affetti, dà un senso forte alla sua vita.
 Spesso ad accentuare il bisogno d’amare
nelle persone anziane sono i ricordi che portano con sé i sensi di colpa
dell’amore non dato o negato. L’impegno a riservare agli affetti il primo posto
è anche il pensiero della morte ai noi anziani sempre più vicina. Il pensiero
della morte può conferire all’affettività e all’amore, un’ultima occasione da
valorizzare. Mi creda, caro Presidente, una lettura più profonda, della terza
età, pone l’individuo in una pesante crisi esistenziale, anche questa, forse
più delle precedenti, porta con sé momenti che riattivano conflitti non
risolti. Fa capire quanto conti l’amore dato e ricevuto. Questo momento che lo
attende le richiede quindi un’altra elaborazione per poter scegliere e
individuare nuove direzioni, in altre parole, completare la propria affettività.
Nelle età precedenti, un po’ tutti, abbiamo messo al secondo posto gli affetti,
l’attenzione agli ultimi.  Giunti
all’ultima tappa di questo viaggio, ci si ferma per fare un bilancio
consuntivo. Ritorna spesso, in noi anziani, la domanda: “La mia vita che cosa
lascia in eredità?”. Questa domanda è presente nel protagonista del romanzo
“Groviglio di vipere” dello scrittore francese F. Mauriac.  Luigi, il protagonista del romanzo, è un
vecchio ricco e attaccato al denaro, ai beni che l’avevano sempre ossessionato
perché erano gli unici strumenti di cui credeva di poter ottenere il rispetto,  l’amore dei figli. Luigi scrive una lettera
che occupa quasi l’intero romanzo: è il suo testamento spirituale, la
confessione sincera di un vecchio avvocato che ha vissuto in una famiglia nutrita
solo di beni, di soldi, attorniato da invidie, rivalità, antipatie, passando la
vita a combattere, difendersi.  Nel
momento in cui sente di essere alla fine dei suoi giorni, capisce che non ha
assolutamente bisogno di tutto ciò che ha. Cerca quindi qualcosa di più:
l’affetto, la bontà, l’attenzione verso le persone, i suoi cari, i più poveri.  Insomma, vuole rimediare, trovare una
scappatoia obbligata, che motiva in ultimo la sua vita. Credo che il contenuto
di questo romanzo serva un po’ a tutti per mettere ordine ai propri vissuti. La
persona saggia lo fa. Lo faccia anche lei Presidente. Le ricordo l’affermazione
dello scrittore francese Bernanos: “Tutto è grazia!”. Sì, anche questa pena la
legga come un’opportunità di arricchimento interiore, come un tempo di crescita,
di ricarica affettiva, di bagno nella vasca della povertà umana.  Come prete le assicuro che vale di più
scrivere il suo nome nel cuore di questi poveri che su una scheda elettorale.

 

 Don Chino
Pezzoli

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