07 Ago Dallo Svago alla Schiavitù
In punta di penna
2014-02-21 18:32:25
Il giocatore patologico mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d’azzardo, aumentando la frequenza delle giocate. Il tempo passato a giocare, la somma spesa nel vano tentativo di recuperare le perdite e finendo con l’investire al di là delle proprie possibilità economiche a scapito degli impegni quotidiani.
Il giocatore patologico mostra una crescente dipendenza nei
confronti del gioco d’azzardo, aumentando la frequenza delle giocate,
Il tempo passato a giocare, la somma spesa nel vano tentativo di
recuperare le perdite e finendo con l’investire al di là delle proprie
possibilità economiche a scapito degli impegni quotidiani
Gli stessi ex tossicodipendenti o ex alcolisti sono spesso affezionati
al gioco d’azzardo. Qualche tempo fa al Centro d’Ascolto venne a trovarmi un ex
tossico.
Daniele mi assicurava che dopo il trattamento comunitario non
aveva più fatto uso di nessuna sostanza, fino a quando non subentrò la
dipendenza per il gioco.
Diverse volte incontro soggetti dipendenti sia dal gioco d’azzardo
che dalle droghe o alcol.
Gioco
d’azzardo e droga
Le dipendenze formano spesso una rete articolata, una catena da
cui le persone non riescono a liberarsi.
In altre parole, una dipendenza ne chiama altre.
Il giocatore d’azzardo si serve di alcune sostanze stupefacenti e
alcoliche per ampliare la sua eccitazione nella sfida fra lui e le slot.
I tossico-dipendenti e gli ex-tossici non devono moltiplicare la
dipendenza con il gioco d’azzardo.
Le slot danno le stesse sensazioni, eccitazioni e ansie che si
ricevono dalle droghe o dall’abuso d’alcol.
La dipendenza dalle sostanze stupefacenti, dall’alcol e dal gioco
patologico è strettamente correlata.
La base neuro-fisiologica, infatti, è la stessa.
Il connubio
delle dipendenze
Ho partecipato a un convegno che aveva come tema il rapporto tra
droga e gioco d’azzardo.
L’esperto mostrò sul grande schermo alcune tabelle, incrociando i
dati sull’uso di stupefacenti in Italia (relativi al 2012-2013) con quelli
concernenti la frequenza di gioco.
Per chi non ha mai giocato, è stato rilevato un uso di sostanze
limitato al 3% dei casi, mentre per chi gioca tutti i giorni, il ricorso a stupefacenti
sale al 12%.
Altri dati evidenziano che il giocatore patologico non si rassegna
di fronte alle perdite e continua a giocare, abusando di alcol o facendo il
“botto” di cocaina.
Il giocatore ex tossicodipendente, invece, gioca le prime partite
senza far uso di sostanze o abuso di alcol.
Se perde, immediatamente riattiva la dipendenza alla sostanza.
La
testimonianza di Daniele
“Sono un giocatore d’azzardo compulsivo e tossicodipendente.
Le due dipendenze hanno in comune diversi sintomi. Anche per il
gioco d’azzardo, come per la droga, il disturbo è progressivo.
Si manifesta attraverso la perdita di controllo e la ricerca di
denaro per continuare a giocare.
Nonostante le conseguenze negative, si continua a giocare.
Lo stato di euforia e di eccitazione durante il gioco è
paragonabile a quello prodotto dalle droghe.
Quando non uso sostanze stupefacenti, si manifesta la crisi
d’astinenza con ansia, sudorazione e nausea, vomito e tachicardia.
La stessa crisi accade quando non posso giocare. Spesso mi drogo e
dopo gioco o gioco e poi mi drogo.
C’è un richiamo reciproco tra sostanze e gioco”.
Un richiamo
importante
Ciò che ha scritto Daniele mi ha fatto riflettere.
I giovani e gli adulti vanno informati per far comprendere che la
dipendenza dal gioco d’azzardo ne facilita altre.
Tutte le associazioni o organizzazioni devono esprimere la loro
opinione e dare consigli e indicazioni, in modo da poter costruire quelle linee
di indirizzo utili alla prevenzione e repressione di una dipendenza killer per
l’individuo e per le famiglie stesse.
È una battaglia che si può vincere solo se l’intera società si
mobilita ed è chiaro che gli interessi di qualcuno non possono essere superiori
a quelli della società e della comunità in generale. Bisognerebbe mettere
insieme tutte le forze sociali, politiche ed educative per analizzare il disagio
e depotenziare l’offerta, ma soprattutto far venir meno la domanda.
Il modo più efficace parte da progetti educativi che aiutino a
riflettere, a compiere scelte il più possibile compatibili con una vita
regolare, fondata sulla sobrietà
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