09 Dic Il senso fa rinascere
Rinascere è sempre possibile, fino alla fine della vita. Non siamo mai completi, in perenne
divenire attraverso le tappe dell’esistenza, in dialogo o in aperto scontro con la realtà e
con il destino, siamo sempre obbligati e invitati a rimetterci al mondo, cambiando noi stessi
e qualcosa intorno a noi: siano esse abitudini, relazioni, lavori o altro ancora. Gioiamo e
soffriamo di questa incompletezza per tutta la vita, facendone fonte di vitalità o radice di
agitazione e malcelata inquietudine.
L’alternativa ad una vita consapevole di sé è bloccarsi nell’apatia priva di speranza, nella
mera sopravvivenza, nell’insoddisfazione lamentosa e vittimistica che chiede soluzioni ad
altri, disinvestendo sulla propria realtà e sulla propria responsabilità e libertà di creazione
del nuovo e del desiderato, e restare spettatori inermi e paralizzati, o pieni di rimpianti
verso il passato o deliranti ideatori di futuri troppo lontani e improbabili che, dimostrando la
loro impossibile realizzazione lasciano ancor più delusi e scontenti.
La virtù del saper cominciare, permette che la rinascita si dia sempre, virtù intesa come
quella particolare qualità dell’anima che l’uomo può coltivare affinché diventi stabile modo
di vivere, che si allena compiendo azioni che traducano il desiderio di trasformazione e la
necessità di rinascita in piccole e grandi pratiche di vita. Qualcuno la possiede per
carattere, qualcuno per educazione, qualcuno per tenacia o disperazione, qualcuno fatica
a metterla in atto a causa di giudici o predatori interni ed esterni che lo limitano, ma
ognuno sente la meraviglia e la fatica di ricominciare, il brivido che viene dal vedere
l’abisso che contiene il possibile quanto l’impossibile e il fallimento quanto il trionfo.
Rimettersi al mondo più e più volte è difficile e spesso doloroso e necessita di voler
rischiare, di avere coraggio, di sentirsi così vivi e vitali da percepire anche la possibilità e
la paura di non esserlo più, di giocarsi molte cose e di ritrovarsi, magari, tra le macerie. E
lì, di nuovo, di ricominciare, come la Fenice che risorge dalle ceneri, perché ne vale la
pena, sempre. Certo bisogna imparare a tollerare rabbia, dolore, sconforto senza però
fermarsi lì, ma praticando l’arte della rinascita, cha ha a che fare con la possibilità di
rimaneggiare ogni volta la materia che abbiamo tra le mani, che in questo caso è
l’esistenza intera.
Per farlo è necessario guardarci dall’alto, da un punto di vista diverso dal solito, ascoltarci,
praticare e accettare il silenzio e la sosta perché la virtù del cominciamento è frutto di
quella potenza e di quella passione che viene dal difficile ascolto di sé e del mondo, è
frutto di pazienza, di valutazioni ponderate che aiutino a distinguere ciò che possiamo
cambiare da ciò che non possiamo modificare e quindi possiamo solo accettare. La felicità
ha a che fare anche con l’accettazione del limite, infatti, perché spendere energia e tempo
per cambiare ciò che non possiamo mutare è estenuante e inutile e ci impedisce di
dedicare la nostra capacità a ciò che conta davvero. Rimettersi al mondo è certo frutto di
molte azioni, ma prima di tutto nasce dalla capacità di coltivare l’incanto, la meraviglia e di
lasciar essere se stessi e le cose, per far sì che emerga ciò che ancora è inedito ma
possibile.
Il qui e ora è quello in cui ri- mettersi al mondo, risorgere, dischiudersi all’esistenza,
esercitandosi a stare tanto nella paura dell’ignoto, quanto nella vertigine dell’occasione.
Quando sentiamo l’anima affranta, soffocata o stropicciata e abbiamo l’impressione che
ciò che potrebbe essere generativo o creativo non riesce ad esprimersi o ad emergere ancora, abbiamo la sensazione di apnea, andiamo a cercare la rigenerazione, chiediamo sollievo per poter ripartire, garantiamoci quei tempi, quei luoghi, quelle occasioni, quelle esperienze, quei rapporti dove ci sentiamo vivi, creativi, leggeri, felici e che sono la sorgente sempre da ritrovare e tenere viva, da custodire e proteggere, in quanto nostro centro profondo e vivo, fonte di rinascita continua.
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