06 Giu Una mente attiva
Il regista Troisi affermò: “Una vita senza conoscenza è una vita a metà. Se non sai, non
puoi capire, e se non capisci, che scopo ha vivere? Per essere attivi, la nostra mente deve
arricchiri continuamente di nuove idee. Le possibilità di riuscirci ci sono, se siamo
consapevoli che le nuove idee cambiano il nostro modo di pensare e agire.
Lo psicologo statunitense Howard Gardner utilizza la sua teoria delle intelligenze multiple
per spiegare le dinamiche del cambiamento. Le sue ricerche mettono in evidenza i modi
d’apprendimento, di creatività; focalizzano gli aspetti di questo affascinante enigma della
nostra mente. Ci aiuta a capire che le nuove idee, modificano il nostro modo di interagire
con gli altri nei rapporti di lavoro, nell’ambiente familiare e in ogni altro aspetto della vita.
Le nostre idee, tanto più aumentano attraverso le diverse esperienze e conoscenze,
quanto più ci rinnovano.
Il nostro cambiamento psichico non viene mai all’improvviso, in una sorta di repentina
illuminazione. Howard Gardner sostiene che le rivoluzioni mentali avvengono per piccoli
passi, gradualmente, secondo percorsi conoscitivi. Alcune persone hanno avuto idee
grandi nella ricerca scientifica nelle arti, negli affari, nei costumi. Ma anche persone meno
dotate hanno raggiunto risultati attitudinali importanti attraverso intuizioni, tentativi,
impegno a migliorare il loro stato ti vita. Le nuove idee ci aprono nuovi orizzonti e
possibilità, migliori rapporti con gli altri e con tutto ciò che ci circonda.
Attenti però, non bastano i nuovi pensieri per cambiare il modo di vivere.
Spesso, infatti, ci sembra di aver fatto tutto per il meglio per potenziare la nostra mente di
nuove idee e di dare spazio a comportamenti positivi, ma il cambiamento non è. Ci
chiediamo pertanto come sia possibile, diamo la colpa agli altri o alla cattiva sorte.
Perlopiù siamo convinti di possedere nuovi pensieri e desideri per un radicale
cambiamento.
Il motivo c’è, i nuovi incontri e le tante esperienze ci inviano messaggi, ma su questi ci
soffermiamo a riflettiamo poco e male. Siamo ricevitori di idee, di stimoli culturali, di
esperienze significative, ma non le approfondiamo o personalizziamo. Siamo solo
“contenitori” di questi messaggi, non impegnati a capirli, approfondirli e assimilarli come
spinte interiori di cambiamento.
Ciò avviene in chi è solito dire: “Io sono uno che si mette in gioco”; “Io non mi tiro mai
indietro”; “Io sono uno che si prende le sue responsabilità”, ma, nonostante la buona fede,
il tono con cui queste frasi sono pronunciate, il tutto lascia trapelare un sottinteso fatto di
orgoglio, di presunzione che alla fine prevalgono. Questa smodata presunzione fa dire: “Io
tiro dritto per la mia strada”; “Impongo la mia linea”; “Ascolto tutti ma poi faccio quello che
ho già in testa; “Io ho sempre avuto queste idee e non le cambierò mai”. Un modo di
essere statuario che si oppone ad ogni nuova conoscenza e cambiamento.
Siamo così impegnati a difendere le nostre posizioni e a far vedere che siamo “portatori di
idee, di verità”, che non ci accorgiamo che la strategia che stiamo tenendo comincia a non
essere più adatta a quella specifica realtà presente: il partner ci segnala che il nostro
atteggiamento lo fa soffrire, ma noi diciamo che è lui che non capisce; un amico ci dice
che stiamo sbagliando nel relazionarci e noi lo tacciamo di invidia e di invadenza. Anche
chi si sente umile, spesso, rimane testardamente sulle proprie posizioni, per quanto
palesemente inadeguate.
Ci comportiamo come se il fatto di poter cambiare idea, o quantomeno metterla in dubbio,
fosse sintomo di una debolezza imperdonabile; come se significasse perdere la propria
identità e sentirsi esposti, fragili, sconfitti. La sconfitta purtroppo è già insita in questo
atteggiamento, che è simile a quello del comandante orgoglioso che, durante una
battaglia, non riconoscendo i cambiamenti della situazione, non modifica i piani e
condanna se stesso e i propri uomini a un inevitabile disastro. Riuscire a mettersi davvero
in gioco può invece cambiare tutto in meglio. Fare un passo indietro alla prosopopea del
nostro Io è l’unico gesto che ci mette in grado di cogliere, di volta in volta, quel che accade
e poi di pensare e di agire in modo consono.
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