Omertà, un silenzio assordante

Omertà, un silenzio assordante

L’omertà è tra gli atteggiamenti umani il più odioso. Fare finta di non vedere, non sentire, decidere
consapevolmente di non parlare, significa tradire se stessi prima, gli altri, la legalità. Chi tace, chi fa
finta di non vedere e sentire, rinnega la propria coscienza e la verità comune che tutela la
convivenza. In criminologia comprendere il fenomeno dell’omertà e delle sue dinamiche è
fondamentale per lo svolgimento delle indagini. Nei contesti sociali omertosi è difficile
scoprire la verità e le responsabilità dei reati.


L’omertà è un silenzio doloroso che giorno dopo giorno annichilisce lo spirito di chi l’agisce
e di chi la subisce. Nella definizione di omertà la cosa che più mi colpisce e che voglio far
notare è l’associazione del termine omertà al termine solidarietà. In tale definizione la
parola solidarietà è da intendersi nel suo significato più negativo, ma poiché le parole
come le persone possiedono una loro anima, l’idea stessa di associare all’omertà il
termine solidarietà mi sconcerta. In altre parole, tacere per essere di aiuto a chi compie il
male, credo chi si tratti non di solidarietà, ma di complicità.

Si tenga presente che ogni società civile è regolamentata dalle leggi, norme
etiche, principi morali, usi, costumi, tradizioni, innovazioni. In particolare i canoni etici,
appresi sin dai primi giorni di vita, attraverso l’educazione familiare, scolastica e
ambientale, sono il fondamento della nostra appartenenza alla società. Tali
precetti motivano il nostro comportamento e di conseguenza il comportamento della
collettività a cui apparteniamo. L’omertà quindi annulla ogni principio etico perché vale la
norma che classifica l’individuo il solo responsabile dei suo agire. Non è così: l’agire
negativo dell’individuo contagia la collettività.

Ogni relazione autentica e costruttiva, infatti è fondata: sul dialogo, empatia,
partecipazione diretta alle decisioni familiari, rispetto delle norme legali e sociali, capacità
di rapportarsi adeguatamente agli altri. La legalità e la pro socialità nascono e si
sviluppano in seno alla famiglia, nei contesti educativi, scuola, gruppi. Purtroppo l’omertà
è simile ad un veleno che si insinua nell’esistenza individuale e sociale annichilendo, di
giorno in giorno, lo slancio vitale di ogni singolo individuo e quindi del corpo sociale in cui è
inserito. L’omertà è tra i disvalori più pericolosi e dannosi alla vita individuale e
sociale poiché trasforma ogni vitalità e creatività in una lenta, quanto inesorabile agonia e
morte dello spirito. Riporto un fatto terribile di qualche anno fa.

Leggo la notizia di questa bambina di sei anni che si è ribellata a un adulto di 43 che
voleva violentarla, ed è stata presa per un braccio e buttata giù dall’ottavo piano.
Apparteniamo a un Paese dove succedono queste cose, e ci vergogniamo. Non era la
prima violenza per quella bambina, era già stata abusata da quello stesso pedofilo. E il
fatto non riguarda solo quella bambina e un adulto, perché altre bambine erano state
violentate dallo stesso. Due di queste bambine erano figlie della donna con la quale
l’uomo profilo conviveva. Pochi giorni dopo c’è un altro omicidio nel quartiere, un altro
bambino scaraventato nel vuoto.

I media dicono: “C’è un orco nella zona”, e per “orco” intendono un pedofilo o una persona
malata che violenta e uccide i piccoli. Il concetto di uomo-orco, dovrà in seguito essere
modificato. Perché il caso di questa bambina di sei anni che s’è ribellata ed è stata
scaraventata giù dall’ottavo piano si complica. C’è una testimone oculare, un’amichetta
della vittima, che ha visto la scena della violenza e dell’uccisione, e l’ha raccontata alla
polizia, ma c’è anche la mamma della piccola abusata e uccisa, che sa tutto eppure tace.
Non solo, suggerisce anche alla amica della figlia di stare zitta, perché è un segreto. 

Se davvero questa donna conosce l’orrendo omicidio, ma lo nasconde, come dev’essere
giudicata? Indifferente? Assente? No, “Omertosa, complice”. Si tratta di una mamma di
due figlie piccole violentate dal suo convivente. Le bambine si lamentavano con la
mamma, perché la violenza le causava dolore, e la donna (non mi regge il cuore di
chiamarla madre”, rispondeva: “Vi passerà”. Come dev’essere giudicata questa donna?
Cinica? Insensibile? No, parte attiva dell’abuso e del delitto, complice. È lei che tollera,
permette, favorisce la violenza sessuale sulle figlie e la loro amica.

Se le cose stanno così, il termine “orco” assume non è un vago signore sconosciuto
piombato nel quartiere, è uno della porta accanto conosciuto che fa queste cose, ma
diverse persone del palazzo lo conoscono o forse sanno anche dell’abuso delle piccole e
tacciono. Si tratta di un “orco-palazzo”, di un “orco-quartiere”, di un “orco-famiglia”. La
forza che crea l’orco collettivo è l’omertà. A violentare e uccidere questa piccola bambina
è un uomo-orco, a uccidere l’altro bambino volata giù anch’esso dall’ottavo piano è un
altro “orco”, a creare i ripetuti orchi della zona è l’omertà. E’ quel lasciar correre, coprire il
male, adottare un silenzio complice a far proliferare gli “orchi”.

In un contesto omertoso la gente non vuole che il reo die delitti venga scoperto e punito,
si verrebbe a scoprire altri abusi e delitti in cui molti sguazzano e convivono, un male
spesso fa da copertura ad altri mali, meglio tacerlo . L’omertà pertanto non è paura del
male, purtroppo l’accettazione. La mamma della piccola abusata e buttata dall’ottavo
piano sa che il suo convivente usa le sue due gli e l’amichetta, conosce anche l’assassino,
il suo convivente, ma tace e con lei anche altri. Questa donna consiglia persino l’amichetta
della figlia di trattenere il segreto di ciò che è avvenuto all’ottavo piano. L’ amichetta della
vittima risponde a questa donna omertosa: “Io devo dire la verità”. C’è in questa
affermazione tanta speranza che le nuove generazioni optino per la verità e non per
l’omertà che è una silenziosa vigliaccheria.

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