10 Ott Senso della sofferenza
La malattia, soprattutto quella grave, mette sempre in crisi e porta con sé interrogativi che scavano in profondità. In certe condizioni di sofferenza il modo di pensare e di vivere della persona ammalata subisce radicali cambiamenti. Sorgono nel silenzio le domande sul senso, sul dopo. Viene meno la speranza e la prudenza non esiste più, c’è soltanto il lamento. Gli stessi familiari si rapportano all’ammalato con molta cautela e sensibilità, quasi per fare da scudo alla sofferenza.
Riporto la testimonianza di Andrea. Una sera, al cinema con la sorella, avvertì dolore a un dente. Non poteva immaginare che fosse il primo sintomo di qualcosa di grave. Nei giorni successivi la guancia sinistra si gonfiò e Andrea non riusciva quasi ad aprire la bocca. Gli faceva molto male, ma anziché andare dal dentista cercò di curarsi da solo mettendosi impacchi e creme. Niente lo aiutava, era sempre peggio. Dopo alcuni giorni andò dal dentista che rimase scioccato e immediatamente lo mandò al Pronto Soccorso. Fu subito ricoverato in Ospedale. Pensava di tornare a casa in un paio di giorni ma le analisi rivelarono qualcosa di preoccupante nel sangue. Infine, la diagnosi sconvolgente: leucemia.
Scrive Andrea sul suo diario
“Non sapevo nulla di questa malattia, non immaginavo che avrei dovuto sottopormi alla chemioterapia e che la cura sarebbe stata lunga. Ho cominciato la prima chemioterapia e mi sembrava d’impazzire. Si accavallavano i pensieri negativi. Ho cominciato a dubitare di tutti, a essere infastidito anche della presenza dei miei familiari. Dio ormai mi aveva abbandonato. Durante le notti interminabili mi chiedevo: “Cosa ho fatto di male, dopo tutto la mia vita l’ho trascorsa in modo ordinato, ho rispettato gli altri, ho pregato”.
Aspettavo la risposta. Compresi con il trascorrere dei giorni che questa malattia aveva un senso. Quale? Risvegliare la mia mente, migliorarmi. Un giorno osservai una giovane infermiera piena di gioia, premurosa verso gli ammalati. La seguii a lungo, lei mi sorrise con tanto amore. Compresi che l’amore verso gli altri vale. La ragazza mi disse: “Sai, ti ho visto triste qualche giorno fa, posso confidarti un segreto? Anch’io quattro anni fa fui ricoverata per curare la leucemia. Ce l’ho fatta, mi ha cambiato la vita”.
Continua Andrea: “L’incontro con l’infermiera è rimasto nella mia anima come lo squarcio di cielo azzurro che spesso contemplo dalla finestra della mia stanza. Ho sempre paura che questo male che ha preso dimora nel mio sangue sia letale. Ma ora sono sereno, ogni giorno mi ripeto che anche un solo sorriso che regalo a mia mamma dà un senso alla giornata. Mi lamento ancora con Dio, manco ancora di fiducia in lui. Devo essere consapevole che Lui ‘atterra e suscita, affanna e consola’. Non sono capace di dire “sia fatta la tua volontà’. Ci riuscirò ora che ho compreso che tutto ha un senso, anche la malattia”.
Conclude Andrea: “Alcuni amici venuti in ospedale a trovarmi mi hanno chiesto come sto. Ho risposto che sono sereno perché la malattia ha impresso nella mia mente il senso della vita. Vivere l’attimo fuggente con attenzione, con amore: non preoccuparmi più del domani, amare chi mi sta accanto, lasciarmi aiutare da Dio. Mi ripeto spesso le parole di Gesù: “Chi mi vuol seguire prenda la sua croce, il mio giogo è leggero”. “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro”. I primi invitati da Gesù sono proprio coloro che si riconoscono fragili, ammalati. Sì, c’è un giogo, un peso, una sofferenza che fa parte della vita. Non siamo mai soli però. Gesù ci assicura: ‘Io sono sempre con voi”.
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