Dignità, forza e fragilità ( Tratto dal libro di Don Chino ” Tracce di moralita’ “

Dignità, forza e fragilità ( Tratto dal libro di Don Chino ” Tracce di moralita’ “

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2018-05-01 21:52:38

La dignità umana è forza nella fragilità. Da qualche parte si è scritto che sono in aumento il numero dei suicidi; al di là della notizia è significativo e paradossale al contempo che l’uomo, disperato perché la vita lo mette alla prova, decida di togliersela. Ci si lascia morire in modi diversi: con una vita disordinata, intossicata da alcol e droghe, con condotte depressive e soprattutto pensando che non valga la pena continuare a vivere e così togliersi di mezzo. Il nostro è un tempo in cui dilaga una fragilità estesa, dove la paura del vivere, di soffrire è spesso aggravata dal timore di essere giudicati da una società che scruta con sospetto la sofferenza fisica e psichica, marchiando chi la vive, come persona inutile. Anche per questo si ha paura di vivere, perché l’emarginazione è sempre al varco e non esita a vedere nella persona debole interiormente un male che la rende “strana” e per questo oggetto di rifiuto. Non basta stare bene economicamente, se viene a mancare nella persona fragile il desiderio di vivere, di ridarsi speranza, di tenere stretta la vita.
Saper vivere
Cari giovani, il nostro è un tempo storico in cui chi soffre lo deve fare in silenzio, nella propria emarginazione e isolamento. L’ignoranza e egoismo di coloro che stanno bene economicamente e socialmente, eliminano dalla società le persone deboli, depresse. I fragili psicologicamente, gli anziani, sono da emarginare (eliminare) perché la loro presenza nella società è un costo. Gli animi inariditi del nostro tempo, fanno dimenticare che esistono i diritti, primo fra tutti, quello che tutte le persone devono poter stare bene. L’uomo si è consegnato totalmente ad una civiltà materialista, credendo che l’avere, il possedere significasse essere padroni del mondo. Ne ha pagato un prezzo altissimo: sottomesso alle leggi del consumismo, è diventato schiavo del suo stesso mondo e ha perso la forza della propria coscienza e libertà. Non può essere sempre colpa degli altri (società, tasse, governo, lavoro, famiglia) se le cose non funzionano o accadono, se c’è un esteso degrado umano. Basterebbe forse, una cosa dal sapore antico: essere consapevoli di questa fragilità e con umiltà chiedere aiuto in famiglia, nel gruppo degli amici, ma a sua volta far leva sulle proprie risorse interiori perché si compia un atto di responsabilità verso la propria vita e non ci si lasci cadere le braccia.
Recupero delle capacità
Eppure le risorse esistono e le scienze umanistiche possono essere utili per imparare a fermarci e avere il coraggio di trovare una risposta esauriente per promuovere le capacità di recupero della propria persona. Alcune persone che ci stanno accanto possono essere uno strumento di recupero delle nostre capacità di scelta, di recupero della dignità umana. Sono costoro guide che credono nell’altra persona e desiderano aiutarla a sentirsi protagonista attiva della propria quotidianità. Ciò non vuol dire avere qualcuno che imbriglia la nostra vita, nessuno è “padrone” di un altro, ma solo amico che porta in sé il sano desiderio di far conoscere alla persona fragile le sue qualità e risorse affinché torni a volere il bene per sé e a sentire la gioia di esserci, di vivere. I genitori, gli educatori, le persone che credono nel valore della vita, suggeriscono a voi giovani, iniziative da compiere insieme, propongono il senso del vivere, la sua dignità e libertà, affinché la persona fragile esca dal cinismo e dalla pigrizia, ricordandosi che vale e non può cadere in basso, annullarsi.
Una sfida dovuta
La dignità della persona sta in una sfida coraggiosa, cari giovani, che non trova sbocchi in chi si accascia nella facile stanchezza, in chi ricerca emozioni a breve termine, ma è presente nella persona che sa di avere una mente aperta e un cuore palpitante e libero di amare e di amarsi. La ripresa della persona fragile parte sempre dalla stessa che scopre la consapevolezza della sua dignità. Non serve compassionarla, sostituirla, giustificare le sue passività. Al mattino si deve alzare, riordinare la casa, recarsi al lavoro, conversare con gli altri, riempire la giornata d’impegni e alla sera coltivare alcuni interessi. Siamo consapevoli che la società abbandona i deboli. Il diffuso decadimento valoriale e morale di tante persone, richiederebbe forze solidali ben più massicce per essere recuperato. Per uscire tuttavia da una stanchezza psichica che blocca la mente e inaridisce il cuore, sono importanti l’impegno personale, la sensibilità e l’onestà intellettuale di ogni persona, nonché la responsabilità, il carattere e le attese personali che contribuiscono ad evolvere interiormente. Nessuno può stare “fermo” pensando che la sua fragilità e non senso che minano la sua dignità, possano essere risolte casualmente. La vita è per tutti un viaggio, spesso da ricominciare con quella necessaria scorta di volontà. (Dal libro di don Chino Pezzoli: “Tracce di moralità”).

La dignità umana è forza nella fragilità. Da qualche
parte si è scritto che sono in aumento il numero dei suicidi; al di là della
notizia è significativo e paradossale al contempo che l’uomo, disperato perché
la vita lo mette alla prova, decida di togliersela. Ci si lascia morire in modi
diversi: con una vita disordinata, intossicata da alcol e droghe, con condotte
depressive e soprattutto pensando che non valga la pena continuare a vivere e
così togliersi di mezzo. Il nostro è un tempo in cui dilaga una fragilità estesa, dove la paura del
vivere, di soffrire è spesso aggravata dal timore di essere giudicati da una
società che scruta con sospetto la sofferenza fisica e psichica, marchiando chi
la vive, come persona inutile. Anche per questo si ha paura di vivere, perché
l’emarginazione è sempre al varco e non esita a vedere nella persona debole
interiormente un male che la rende “strana” e per questo oggetto di rifiuto.
Non basta stare bene economicamente, se viene a mancare nella persona fragile
il desiderio di vivere, di ridarsi speranza, di tenere stretta la vita.

Saper vivere

Cari giovani, il nostro è un tempo storico in cui chi
soffre lo deve fare in silenzio,
nella propria emarginazione e isolamento. L’ignoranza e egoismo di coloro che
stanno bene economicamente e socialmente, eliminano dalla società le persone
deboli, depresse.  I fragili
psicologicamente, gli anziani, sono da emarginare (eliminare) perché la loro
presenza nella società è un costo. Gli animi inariditi del nostro tempo, fanno
dimenticare che esistono i diritti, primo fra tutti, quello che tutte le
persone devono poter stare bene. L’uomo si è consegnato totalmente ad una civiltà materialista, credendo che
l’avere, il possedere significasse
essere
padroni del mondo. Ne ha pagato un prezzo altissimo: sottomesso
alle leggi del consumismo, è diventato schiavo del suo stesso mondo e ha perso
la forza della propria coscienza
e libertà. Non può essere sempre
colpa degli altri (società, tasse, governo, lavoro, famiglia) se le cose non
funzionano o accadono, se c’è un esteso degrado umano. Basterebbe forse, una
cosa dal sapore antico: essere consapevoli 
di questa fragilità e con umiltà chiedere aiuto in famiglia, nel gruppo
degli amici, ma a sua volta far leva sulle proprie risorse interiori  perché si compia un atto di responsabilità
verso la propria vita e non ci si lasci cadere le braccia.

Recupero delle capacità

Eppure le risorse esistono e le scienze umanistiche
possono essere utili per imparare a fermarci e avere il coraggio di trovare una
risposta esauriente per promuovere le capacità di recupero della propria
persona. Alcune persone che ci stanno accanto possono essere uno strumento di
recupero delle nostre capacità di scelta, di recupero della dignità umana. Sono
costoro guide che credono nell’altra persona e desiderano aiutarla a sentirsi
protagonista attiva della propria quotidianità. Ciò non vuol dire avere
qualcuno che imbriglia la nostra vita, nessuno è “padrone” di un altro, ma solo
amico che porta in sé il sano desiderio di far conoscere alla persona fragile
le sue qualità e risorse affinché torni a volere il bene per sé e a sentire la
gioia di esserci, di vivere. I genitori, gli educatori, le persone che credono
nel valore della vita, suggeriscono a voi giovani, iniziative da compiere insieme,
propongono il senso del vivere, la sua dignità e libertà, affinché la persona
fragile esca dal cinismo e dalla pigrizia, ricordandosi che vale e non può
cadere in basso, annullarsi.

Una sfida dovuta

La dignità della persona sta in una
sfida coraggiosa, cari giovani, che non trova sbocchi in chi si accascia nella
facile stanchezza, in chi ricerca emozioni a breve termine, ma è presente nella
persona che sa di avere una mente aperta e un cuore palpitante e libero di
amare e di amarsi. La ripresa della persona fragile parte sempre dalla stessa
che scopre la consapevolezza della sua dignità. Non serve compassionarla,
sostituirla, giustificare le sue passività. Al mattino si deve alzare,
riordinare la casa, recarsi al lavoro, conversare con gli altri, riempire la
giornata d’impegni e alla sera coltivare alcuni interessi. Siamo consapevoli
che la società abbandona i deboli. Il diffuso decadimento valoriale e morale di
tante persone, richiederebbe forze solidali ben più massicce per essere
recuperato. Per uscire tuttavia da una stanchezza psichica che blocca la mente
e inaridisce il cuore, sono importanti l’impegno personale, la sensibilità e l’onestà intellettuale
di ogni persona, nonché la responsabilità, il carattere e le attese personali che contribuiscono ad
evolvere interiormente. Nessuno può stare “fermo” pensando che la sua fragilità
e non senso che minano la sua dignità, possano essere risolte casualmente. La
vita è per tutti un viaggio, spesso da ricominciare con quella necessaria
scorta di volontà. (Dal libro di don Chino Pezzoli: “Tracce di moralità”).

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