07 Ago I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Eva Schloss
L’opinione di Don Chino
2017-04-06 20:27:54
Eva è nata a Vienna l’11 maggio 1929, deportata adAuschwitz assieme alla madre
Eva è nata a Vienna l’11 maggio 1929, deportata adAuschwitz assieme alla madre rientra ad Amsterdam nel
1945. Eva e la madre apprendono la
notizia della morte del padre e del fratello, periti ad Auschwitz.
Eva a 17 anni ha in regalo una macchina fotografica con la quale erano state scattate
le foto di Anna Frank, suggerendo alla ragazza di tentare la strada della
fotografia. Dall’Olanda Eva emigra a Londra, dove lavorerà come fotografa,
aprendo in seguito il proprio negozio di antiquariato nel quartiere di Edgware,
a Londra nord.
Eva si sposa, mette al mondo tre figlie e nel 1986, durante una mostra
dell’Anne Frank Trust, viene chiamata a parlare in pubblico della propria
esperienza durante l’Olocausto. In quel momento Eva inizia a fare i conti con
il proprio passato, e il libro che scrive “After Auschwitz”, è uno dei
tasselli che compongono il rivivere ricordi laceranti per curare le ferite del
presente.
Eva, è stata risparmiata ad uno degli eventi storici più tragici ed insensati
del XX secolo, l’Olocausto, e diventa sorella acquisita di di Anna Frank e
diventa testimonianza di una generazione sterminata dal nazismo. Sopravvivere
reca con sé una tragedia nella tragedia dell’Europa del dopoguerra, andare
avanti dimenticando il passato era più importante di tutto il resto.
Come Eva racconta, “Nessuno voleva sapere degli orrori dei campi di
concentramento”. Con la pubblicazione dei diari di Anna Frank, Eva si
rattrappisce nell’ombra della sorellastra e solo in età adulta inizia a
raccontare la propria storia.
“After Auschwitz” è un libro di raro equilibrio fra l’abisso e la
speranza. La straordinarietà della storia di Eva sta non nell’essere riuscita
superare una tragedia di proporzioni storiche, ma nel saperla trasportare nel
presente delle vite di coloro che ne vengono a conoscenza.
“After Auschwitz” è un libro delicato, riservato e pudico. Non voleva Eva forzare il lettore in strenui pagine di
descrizioni truci per dare un’idea di cosa fosse l’Olocausto, perché se non è
stato vissuto in prima persona, si può solo trarre un millesimo di quello che è
veramente stato.
Riflettendo sulla combinazione di fattori che le hanno permesso di rimanere in
vita, Eva non scade nel fanatismo di chi dichiara di aver sempre creduto che
sarebbe sopravvissuta grazie ad una fede incrollabile, o simili.
In maniera lucida e pragmatica, Eva ammette di dovere la propria vita alla
genetica di un corpo forte, all’amore di una madre e alla combinazione fortuita
di conoscenze e risorse inaspettate.
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