07 Ago I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Giorgio La Pira
L’opinione di Don Chino
2018-05-01 21:49:57
Giorgio La Pira nato a Pozzallo, 9 gennaio 1904 , morto a Firenze, 5 novembre 1977
Giorgio La Pira nato a Pozzallo, 9 gennaio 1904 , morto a Firenze, 5 novembre 1977, è stato un politico e docente italiano, Sindaco di Firenze. Rappresenta un modello di dedizione alle “attese della povera gente” che non trova riscontro nelle pratiche politiche contemporanee molto attente a non deludere le aspettative delle classi medio alte e distanti sia per provenienza di ceto sia per condivisione di orizzonti con quei poveri che erano il vero punto di riferimento per il Sindaco di Firenze.
Egli è stato in grado di unire l’intensità di una vita contemplativa ad una capacità politica. Non lo si può di certo accusare di essere stato un freddo intellettuale cattolico dedito solo agli studi, alla preghiera e alla meditazione, né tanto meno ritenerlo semplicisticamente un operoso filantropo con la passione per i poveri.
La Pira è estremamente convinto che dalla contemplazione di Dio nasca l’amore per il mondo, per la città, per gli uomini, come luogo di santificazione, in cui si dispiega la creazione e l’amore divino. Il suo amore smisurato per Cristo, la sua capacità di testimoniarlo e comunicarlo è ciò che unisce ogni aspetto della sua vita
La Pira è stato essenzialmente un uomo di misericordia che non ha fatto altro che obbedire alla Parola. L’intera sua vita di parla di misericordia, con tutte le accezioni che ad essa possono essere attribuite: l’attenzione al povero, sia nell’ordinaria quotidianità, sia nelle iniziative sociali umanitarie.
Un appunto di La Pira del 1961 rivela “in sintesi” il suo “programma”: “Ho un solo alleato: la giustizia fraterna quale il Vangelo la presenta. Ciò significa: lavoro per chi ne manca; casa per chi ne è privo; assistenza per chi ne necessita; libertà spirituale e politica per tutti”.
Lavoro, casa, assistenza ai più deboli, libertà, dimensioni che ancora oggi attendono uomini politici che siano in grado di “innamorarsi” di queste cause e di farle diventare prassi di liberazione. Non stupisce allora che Papa Francesco abbia più volte messo al centro dei suoi discorsi il lavoro, la casa, la terra, come bisogni fondamentali.
Se la politica non è in grado d’intercettare e fare propri questi bisogni rischia di svuotarsi definitivamente di quel “principio di peranza” che è uno dei motori dell’agire politico. Principio che ha permesso a La Pira di pronunciare queste parole: “non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni”.
Se la politica vuole sopravvivere alla rivoluzione digitale in corso, senza trasformarsi in mera burocrazia, deve potere attingere a “doveri fondamentali” dai quali poi poter far scaturire un pensiero e un’azione. Nel caso di La Pira al centro del suo mondo c’è sempre stata una lettura appassionata del Vangelo dal quale poi “deduceva” il giusto modo di vivere e di pensare.
La Pira è stato questa presenza concreta per molti. Ha scritto Ernesto Balducci: “sotto l’involucro dei dogmi cattolici, che accettava senza riserve, la sua fede si muoveva libera, senza vincoli con quelle espressioni dottrinali o simboliche che portano in sé qualche sedimento di durezza. Non mirava a convertire nessuno: per lui tutti gli uomini camminavano già nel regno”.
Allora, anche noi dobbiamo sforzarci di uscire “dalla bolla” del nostro piccolo mondo e cominciare a costruire ponti, abbattendo i muri della freddezza, del risentimento, della paura e del rancore. Sentimenti orrendi che ci portano a vivere male e a pensare di risolvere i conflitti costruendo altre bombe atomiche.
C’è dentro di me un crescente bisogno di azzurro; come dire? una chiamata sempre più esplicita alla contemplazione e ogni qual volta il luogo è adatto mi sento trasportato in questo regno interiore candido ed infinito. Spezziamo così le catene della nostra prigionia terrena: per dimenticarci almeno un momento di tutte le cose” (Giorgio La Pira).
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