LA BELLEZZA

LA BELLEZZA

Ma che cos’è davvero la bellezza? E perché sa generare in noi tanto entusiasmo, tanta
meraviglia, e a volte anche un’indicibile malinconia o addirittura dolore? E che cosa vuol
dire che l’esperienza della bellezza può salvarci? Vito Mancuso, filosofo e teologo, pone
queste e altre domande nel suo ultimo saggio intitolato “La via della bellezza”. Quali
sono, innanzitutto, le fonti della bellezza? Secondo il filosofo sono principalmente tre: la
natura, l’essere umano, l’arte.

La natura. Con i suoi alberi, le sue stelle, il suo mare, le sue montagne – è sempre bella:
per quanto a volte possa essere tremendamente nociva per l’essere umano, non è mai
ambigua dal punto di vista estetico. Il sentimento di bellezza che trasmette è semplice,
unitario e universale: è percepito da tutti gli esseri umani, a qualunque epoca, luogo,
formazione, ceto sociale, religione, ideologia appartengano. Il sentimento della bellezza
attrae, allieta, sensibilizza le persone contagiate. La natura è una grande fonte di
messaggi estetici, basta che la mente umana li sappia cogliere con entusiasmo.

L’ essere umano. L’essere umano può essere raccontato in termini meramente estetici: le
forme del volto, la statura, l’armonia delle parti del corpo. Compete anche un altro tipo di
bellezza: quella che scaturisce dalla coscienza, dal cuore, dall’anima, dal coraggio, dalla
generosità, dalla lealtà, dalla giustizia, dall’intelligenza e dalla libertà. E dal momento che,
a differenza del resto del mondo animale, gli esseri umani hanno scopi e bisogni che
vanno al di là di quelli biologici; dal momento che si stupiscono della condizione del
mondo, lo indagano, ne restano affascinati, colgono la bellezza e ne rimangono estasiati.

L’arte. La bellezza risiede già interamente nelle cose e all’osservatore spetta solo
riconoscerla, oppure si forma nella mente di chi la osserva e quindi dipende dalle sue
condizioni? La parola che mi è parsa essere centrale in tutto il saggio è “armonia”:
Bellezza è armonia, e armonia è la tendenza originaria dell’essere all’aggregazione, la
matrice universale di quella organizzazione che ha permesso e permette la complessità
della vita. Il nostro sentimento della bellezza nasce sempre dalla relazione e dall’incontro,
è sempre il frutto di una rivelazione: è sempre risonanza tra la manifestazione del mondo e
la nostra interiorità.

Vito Mancuso sostiene “che la bellezza è una guida verso la verità della vita”. Il filosofo
appellandosi alla formula di Platone che la bellezza è lo splendore del vero, ritiene  la
bellezza luce che ha un potere di cura. L’incontro con la bellezza può aiutarci ad
affrontare l’oscurità, il disorientamento, il non-senso, l’assurdo, il nichilismo. Può salvarci
dalla depressione, dall’assenza di significato, perché riempie la vita di meraviglia. E può
salvarci dal possesso in quanto la bellezza è di tutti e quindi dalla violenza. La bellezza
spinge il nostro io a superare se stesso e il proprio ristretto orizzonte, a unirsi agli altri
nella contemplazione.

Come fare allora i conti con il male, con la sua ingiustizia, con il dolore (e non ridurre la
ricerca della bellezza a fuga solitaria e un po’ elitaria)? Affermare la bellezza non significa
scambiare questo mondo di ferro per un mondo di fiori, afferma Mancuso, ma
significa: non lasciarsi privare dell’incanto del contatto con il bello. Il desiderio di bellezza
sarà quindi autentico solo se accompagnato dal desiderio universale di bene e di giustizia
(e viceversa).

Sempre il ricercatore Mancuso mette accanto al termine bellezza “armonia”, l’altra parola
determinante nella riflessione appassionata sulla bellezza. Il sentimento del sublime deriva
dalla percezione integrale della vita, della sua bellezza e della sua bruttezza insieme; è la
percezione dell’antinomia della vita; è superamento di sé; è uno stadio della mente in cui
tutto è bello, tutto è vero, tutto è grazia. Questa visione sublime della bellezza fa superare i
limiti che ogni realtà comporta portandoci a cogliere la verità anche di fronte al dolore, alle
perdite.

Si comprende dunque che il bello – di cui Mancuso intende parlare – non è il semplice
risultato di un giudizio di gusto estetico o ciò che piace, ma è la fonte di un’esperienza
estetica profonda, intesa come evento, epifania, accadimento, pensiero che induce a
muoversi, a cambiare, a trasformare la propria vita. Essa implica perciò un soggetto a cui
la bellezza si riveli, muovendo in lui  risonanze vivissime fino a farsi appello e obbligo
morale ad essere belli, compiendo in se stessi e nel mondo l’armonia da cui si proviene:
“Il mondo è salvato già ora in ogni istante dalla bellezza in quanto armonia, è salvato dal
precipitare nel caos degli inizi dal medesimo principio di armonia e di organizzazione che
l’ha fatto evolvere…”.

A questo punto il ricercatore si pone una domanda: Ma la vita è davvero bella? Non è
forse continuamente insidiata dalla bruttezza e dalla mostruosità, dal dolore e dal male?
La vita non è affatto una festa e un divertimento continuo; nella vita ci sono molte cose
mostruose, malvagie, tristi e sporche. Tuttavia, rendendosi conto di tutto questo, bisogna
avere uno sguardo interiore armonico, sublime, bello per neutralizzare ciò che è brutto,
disordinato, sganciato dalla verità. Questo atto redentivo interiore che la bellezza compie è
davvero ricco di speranza.

Interessante come Vito Mancuso intitola questo suo libro: “La via della bellezza”. La via
verso dove? Verso la verità della vita, e di se stessi. Il professore ci fa intendere che la
strada per raggiungere la meta, per conseguire la propria veridicità e autenticità, in una
prospettiva individuale e rispettosa di ogni singolarità, è la bellezza piena dell’essere
umano, un progetto integrale. Il nostro corpo quindi va curato, custodito, la mente deve
essere sempre attiva, la volontà vincente, l’anima che desidera l’eterno. La persona è
bella quando tutta se stessa si muove e coglie in sé la forza dell’nima. “La vera bellezza si
manifesta sempre in modo da provocare anche un certo dolore. L’attrazione che essa
suscita infatti sconvolge l’io, che avverte non senza disagio di non poter più bastare a se
stesso e di aver bisogno di altro, e quindi di dover uscire da sé”.

No Comments

Post A Comment