18 Set La strage della droga continua
La strage della droga continua
Di nuovo il silenzio colpevole sulla droga? Mi chiedo come mai si tollera lo spaccio di droga e certe situazioni di degrado umano? Diversi servizi televisivi nei mesi scorsi hanno evidenziato come lo spaccio di stupefacenti avviene spudoratamente. Purtroppo continua e i media tacciono.
Perché? Forse è un problema scottante che vale la pena ignorare o affidare agli esperti di statistiche vuote di significato… Volete una prova che questo scempio umano continua? Sostate per pochi minuti alla Stazione di Rogoredo o nel boschetto vicino al Parco delle Groane o nelle periferie delle città per rendervi conto che gli spacciatori fanno, affari, sulla pelle di giovani e giovanissimi.
Mi faccio spesso una domanda: “Come mai i ragazzi di oggi, di frequente, fanno uso di bevande super alcoliche e droghe? Dibattiti televisivi, talk show e anche semplici discorsi tra amici sono sempre più incentrati su questo tema. Molti hanno cercato di rispondere a questo facile interrogativo che non ha una risposta semplice o, almeno, plausibile in grado di gettare le basi per risolvere anche in parte questo problema. Problema o moda? Abitudine, pura o curiosità di provare? Il fenomeno “sballo”, indicato così dai giovani di oggi, si è diffuso, negli ultimi vent’anni si è esteso a macchia d’olio su tutto il nostro territorio.
Non più grandi metropoli popolate da adolescenti che, per vari motivi, fanno uso di bevande superalcoliche e droghe, ma addirittura piccoli centri provinciali, dove l’alcol e le droghe prendono il sopravvento proprio sugli adolescenti che molto probabilmente non hanno stimoli, proposte per crescere e stare bene con se stessi. Sono in aumento giovani e giovanissimi dipendenti da alcol, eroina e cocaina. Ed è proprio nei piccoli centri, dove spesso domina la noia e i ragazzi non hanno più sogni da inseguire, che il fenomeno ha assunto toni drammatici.
Se nella metropoli l’adolescente ricorre all’alcol per sentirsi grande, nelle province i ragazzi bevono quel cocktail in più nel tentativo di sfuggire a un mondo che non hanno contribuito a costruire ma solo, passivamente, ereditato e che vorrebbero diverso. Certo si potrà obiettare che spesso queste analisi sono un alibi e che si cerca in qualche modo di trovare una motivazione a un fenomeno che, in ogni caso, non può avere giustificazione alcuna. È innegabile tuttavia che non sempre i giovani sono capiti e aiutati. Anzi, nella maggior parte dei casi la comunità è pronta a puntar loro l’indice accusatore senza cercare di scavare a fondo per debellare la causa di queste devianze.
Non è tuttavia con le critiche che s’impediscono le morti ingiuste per droga, alcol; non è puntando il pollice verso questi ragazzi che si fermano le stragi sulle strade del sabato sera. Non dimentichiamo invece che il fenomeno “sballo” sta ad indicare il vuoto interiore di queste nuove generazioni, il non senso che accentua la rabbia e la noia. Sono tanti, troppi, i giovani che, in questo loro tempo dedicato alla “distrazione”, hanno perso la vita mentre la società, i politici, le istituzioni non curanti tacciono, continuano imperterriti la loro strada, sempre con lo stesso stile: l’indifferenza. Di sballi non se ne parla più, di morti per droga e alcol nemmeno.
Ai due tossicodipendenti che hanno ucciso l’amico qualche tempo fa per provare l’emozione di un omicidio, è stata riservata una fuggevole notizia dei media. Accidenti come siamo caduti in basso! Allora cosa possiamo suggerire? Bisogna dare una mano a questi ragazzi, sempre più fragili, aiutandoli a crearsi una loro precisa identità. Quali sono le strade giuste da intraprendere? Forse è arrivato il momento di prendere consapevolezza del fatto che ognuno di questi ragazzi è unico e ha il diritto di sperare e di godersi la propria gioventù senza essere deviati dagli spacciatori di morte.
È giunto il momento di parlare loro di gioia, di felicità da conseguire e non di solo di piacere da consumare. Non solo. Quel Dio “ucciso” nel cuore e nella mente di molti ragazzi e giovani perché inutile, dovrà risorgere, almeno come segno di ricerca, di speranza. Mi piace l’affermazione di un giovane che ho accolto in Comunità: “Prima ho ucciso Dio, poi mi restava solo di far fuori me stesso”.
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