19 Mag Le convivenze lampo
Le convivenze affrettate sono facilitate da uno stato emotivo dominante che alimenta
l’ottimismo. Ci si mette insieme perché la spinta dell’innamoramento è irresistibile,
compulsiva. Tutto sembra facile e non c’è motivo d’aspettare o almeno di soffermarsi su
alcuni dubbi. La novella coppia si giura amore per sempre attraverso parole, promesse,
voli fantastici verso il futuro. Ma che cosa può succedere quando si affrettano o si
anticipano i tempi della convivenza? Ho rivolto alcune domande alla psicoterapeuta Marisa
che avvicina tante coppie ed è a conoscenza delle dinamiche di convivenza affrettata.
Domande e risposte
Quali sono i primi contrasti nelle convivenze lampo, la coppia è attrezzata per risolverli?
Ho l’impressione che manchi nel rapporto la consapevolezza della diversità di personalità,
di abitudini, esigenze, scelte?
“Lui e lei stanno insieme da qualche giorno o mese e già sognano una vita insieme, per
sempre. Vanno a convivere a breve (giusto il tempo di trovare casa) e fanno di tutto per
essere felici, ogni giorno. O almeno questi sarebbero i loro piani, prima di cominciare. Ma
quando si convive ecco che l’aria cambia: ognuno ha le sue esigenze, i propri orari, delle
abitudini precise, qualche piccola fissazione domestica. Non c’è più quell’amabile
disponibilità (prima tanto progettata) verso l’altro. Non c’è più quella libertà che, a parole,
si è tanto bravi a sponsorizzare. Perché quando si va a vivere insieme, si fa sul serio. Si
tratta, a tutti gli effetti, di una prova per la coppia”.
Non sempre si è d’accordo sul quando iniziare. Ognuno ha i suoi tempi, le sue
esigenze. Da che cosa dipendono l’avventatezza o, al contrario, i dubbi e le resistenze nei
confronti della convivenza?
“La decisione di andare a convivere è una tappa intermedia del percorso di coppia. Tra
l’altro, di recente formazione. Fino a trent’anni fa, alla “conoscenza” e al “fidanzamento”
faceva seguito il “matrimonio”. Chiaramente tutto era più definito, con le dovute
conseguenze economiche, legali e sociali in caso di separazione o divorzio. Così, nel
tempo, si è sviluppata la moda della convivenza di coppia come tappa evolutiva alternativa
al matrimonio, e meno rigida. Ma pur sempre di una prova si tratta. E la voglia o
il dubbio di affrontarla dipende dalla percezione che si ha di sé e della relazione. Quando
entrambi i partner avvertono un clima positivo nella coppia, emerge il desiderio di
condividere il quotidiano. E non solo. Si vogliono realizzare progetti comuni, mettere a
disposizione dell’altro le proprie risorse. L’esperienza della convivenza viene così favorita”.
Capita che lui o lei faccia pressioni per una immediata convivenza e che la parte più
debole subisca tale scelta. Quali sono i rischi di una convivenza forzata?
“Quando si accetta la convivenza e si cede alle pressioni dell’altro, nella coppia, si crea
automaticamente uno sbilanciamento. L’armonia relazionale si compromette già.
Ecco il rischio principale. Invece della posizione “fianco a fianco” che rappresenta la salubrità, si realizza la posizione “sopra-sotto” in cui uno dei due domina sull’altro. Una convivenza di questo tipo può durare anche a lungo: come nei casi di dipendenza affettiva o di blocco di
crescita personale da parte del partner “dominato”. Il dominante, d’altro canto, si percepirà
come l’elemento trainante, positivo e altruista della coppia. O, nei casi peggiori, come
onnipotente. Ci sono spesso situazioni in cui il “dominato” si sveglia e diventa consapevole
della sua posizione di debolezza. Ricontatta i propri bisogni e, magari, si sente in diritto di
mettere in dubbio la convivenza”.
Quali variabili dovrebbero essere considerate per prevedere a priori se ci sono i
presupposti di una sana convivenza”?
“La prima variabile da considerare è l’autonomia personale. Prima di intraprendere una
convivenza è fondamentale capire che l’altro non esiste per risolvere i problemi personali
insoluti! L’autostima e la sicurezza nelle proprie potenzialità sono altre due variabili
necessarie. Poi, dal momento che la convivenza è un viaggio che si fa in due, va da sé
che sia anche indispensabile fidarsi dell’altro. Sapere che, in questo percorso, si sarà
presenti entrambi, ciascuno con le proprie risorse umane, affettive, economiche. Senza
ricatti né pressioni. La comprensione reciproca sarà il capitale su cui contare nei momenti
difficili”.
Possiamo parlare di un tempo “migliore” per la convivenza? C’è un periodo, nell’arco di
una relazione, nel quale andare a convivere è ottimale e costruttivo?
“Certamente sì. Un tempo “migliore” esiste ma non arriva per tutti nello stesso momento.
C’è chi lo raggiunge dopo pochi mesi di fidanzamento, chi dopo anni. Temporalmente
parlando, si colloca dopo la fase del fidanzamento. Quando la coppia ha valutato la
compatibilità relazionale, si ritrova a fare i conti con altre variabili: le storie di lui e di lei, i
valori acquisiti nelle famiglie d’origine, gli obiettivi professionali di entrambi, il desiderio di
amare e farsi amare. Ma si vedono anche i difetti dell’altro e si mostrano i propri. Si impara
a fare i conti con piccole delusioni e battibecchi. Si discute, ci si arrabbia, si fa pace. Ed è
questo il tempo migliore per convivere. Ecco alcune testimonianze tratte dalla mia
esperienza di psicoterapeutica”.
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