Parlare di Dio ai bambini

Parlare di Dio ai bambini

Come parlare di Dio ai bambini? Quando questa domanda venne posta al grande
pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott, famoso per gli studi sulle relazioni
oggettuali, egli stupì l’uditorio parlando per più di un’ora della relazione madre-bambino,
del calore dell’abbraccio della madre, del suo sguardo, del suo sorriso, del suo amore e
della sua cura per il piccolo. Questo perché voleva significare che nell’abbraccio della
madre è racchiuso il senso della protezione, dell’accoglienza di Dio. Afferma lo
psicanalista britannico: “Certamente che il primo tempio in cui il bambino inizia a pregare è
il grembo materno. Le parole, le emozioni e persino i pensieri materni trovano la sensibilità
recettiva del nascituro. Quando esce da questo tempio materno e la mamma lo abbraccia,
lo bacia, lo nutre infonde nel piccolo: presenza, tenerezza, bontà, fiducia. Dio è tutto
questo”.

La sensibilità interiore dei bambini

Sempre lo stesso Donald Winnicott, afferma: “Occorre cercare di avere il massimo rispetto
per il mondo dei bambini, immedesimarsi nelle loro fantasie ed esigenze ed avere grande
sensibilità sui temi religiosi che si vanno a spiegare loro”. Un’inchiesta di Famiglia
Cristiana mette in evidenza che non occorre certo intraprendere studi teologici per parlare
di Dio ai piccoli, basta saper rendersi disponibili ogni volta che pongono ai genitori alcune
domande. Sono domande semplici come: “Dov’è Gesù?”; “Tu mamma l’hai visto Gesù?”;
“La nonna mi ha insegnato a recitare L’Ave Maria alla mamma del cielo e tu papà la sai
questa preghiera?”; “Dove è andato il nonno che è morto?”.

Le intuizioni profonde dei bambini

Spesso i bambini hanno intuizioni profonde e chiedono conferme al mondo degli adulti di
quanto hanno compreso su Dio, sull’anima, sulla morte, desiderano contestualizzare la
fede nella vita di tutti i giorni. Ancora oggi tanti bambini, soprattutto prima di andare a
dormire, recitano la preghiera all’Angelo custode. Spesso, con variazioni originali, affidano
alla cura dell’Angelo, oltre che se stessi, i propri cari, parenti scomparsi, amici, animali e
pupazzi a cui sono particolarmente legati. Ricordo mia mamma che prima di coricarci
recitava con noi figli e figlie le preghiere della sera e così al mattino. Una preghiera mi è
rimasta impressa: “Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi
creato, fatto cristiano e conservato in questo giorno. Perdonami il male che oggi
commesso e, se qualche bene ho compiuto, accettalo. Custodiscimi nel riposo e liberami
dai pericoli. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen”.

La dimensione della spiritualità


Il fenomeno della spiritualità, a lungo guardato con sospetto, fino al punto di essere
talvolta considerato il sintomo di una patologia interiore, solo di recente è entrato a pieno
titolo nell’ambito della ricerca delle scienze psicologiche. Lo psichiatra Giacomo Dacquino,
autore del saggio “Dove incontri l’anima”, ci spiega che la spiritualità, non riferendosi
esclusivamente alla religione, è un sentimento che fa parte della dimensione psichica di
ognuno, credente e non credente, non privilegio esclusivo di monaci, asceti, mistici e santi.
Sostiene inoltre che una forma di respiro spirituale è presente in tutti, almeno come
espressione dell’inconscio, perché anche coloro che sono privi di una fede religiosa,
hanno una vita interiore che nasce e trae alimento dall’amore, una forza che spinge aproiettarsi oltre se stessi e ad incontrare gli altri. Questa dimensione spirituale nel bambino c’è, va solo incentivata, fatta crescere. Come?

Con l’esempio e testimonianza


I genitori credenti raccontano ai loro piccoli la storia di Gesù, li portano in chiesa e spigano
loro che quella è casa dove abita Gesù. I bambini sono felici quando la mamma li porta in
chiesa per una preghiera o il papà racconta loro un fatto evangelico. Il teologo-scienziato
Theilhard de Chardin, sostiene che l’evoluzione della spiritualità del bambino è anche
ascesa dell’essere, dove il bene si identifica con Qualcuno che dispiega le energie del
credere, dell’amore e della solidarietà. Per lo scienziato, la stessa evoluzione dell’essere
umano non è un solo fenomeno biologico, ma s’intreccia con la forza della grazia di Dio. Il
bambino all’inizio della sua evoluzione sente in sé questa forza soprannaturale. I primi
maestri del senso religioso della vita sono i genitori.


E i genitori non credenti?


Talvolta anche genitori non credenti, temendo che la propria mancanza di fede possa
escludere i figli o togliere loro qualcosa di essenziale, di vitale, incoraggiano i bambini ad
avvicinarsi ai temi religiosi, iscrivendoli al catechismo, felici di offrir loro l’opportunità di
sentir parlare di Dio. Scrive un papà di due bambini sui social: “Io non sono credente o
meglio mi faccio tante domande senza risposte su Dio, la vita eterna. Desidero però che i
miei figli conoscano Gesù, il suo insegnamento di amore e fraternità. Voglio lasciare in loro
la speranza che un giorno siano credenti, so che è un dono credere”.

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