07 Ago QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : Come si faceva il bucato
L’opinione di Don Chino
2018-10-04 15:37:47
“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.” Don Chino
Pezzoli
Come si faceva il bucato
Mia nonna Teresina, ormai settantacinquenne, mi
raccontava come faceva il bucato del “bianco”, lenzuola, canovacci, tovaglie,
asciugamani di canapa e come lavava gli indumenti. “Il bucato del bianco lo si
lavava una volta al mese, mentre tutte le settimane gli indumenti. Di solito
per lavare i vestiti e la biancheria si sceglieva una giornata soleggiata. Noi
eravamo una famiglia patriarcale di 20 persone e il cumulo della biancheria e
panni riempiva tante ceste”.
Le ho chiesto come svolgeva questo faticoso lavoro. Mia
nonna con tanta semplicità e orgoglio mi raccontò: “Dopo aver portato a casa
l’acqua, si faceva una prima passata ai panni, sporchissimi, con spazzola,
sapone, e molto olio di gomito. La biancheria invece veniva
posta in un mastello, la si ricopriva con un vecchio lenzuolo e sopra il
lenzuolo veniva messa la cenere che, come si sa, ha un potere sbiancante e
sgrassante. Poi si versava l’acqua bollente da riempire il mastello. In
quest’acqua il bucato vi rimaneva un giorno intero”.
Nonna Teresina mi delucidò sull’intero trattamento: “Una
volta tolto dal mastello, il bucato doveva essere ben torto prima di essere
risciacquato al lavatoio. Con le ceste piene di panni noi mamme andavamo al
lavatoio pubblico, se c’era, verso qualche ruscello dove scorreva l’acqua
pulita. L’acqua del bucato rimasta nel mastello, dopo che la biancheria veniva
messa nelle ceste, era utilizzata per lavare i capelli che acquistavano in
brillantezza. Nulla era buttato, tutto allora veniva recuperato”.
Un giorno mia
nonna mi portò al lavatoio: un locale con alcune vasche sormontate da lastre di pietra per appoggiare e premere
il bucato dal sapone e dalla lisciva: “Per togliere dai panni la cenere e il
sapone dovevamo sbattere con forza i panni sopra la pietra del lavatoio o
l’asse di legno portato da casa. Un lavoro molto importante per rimuovere dal
tessuto i grumoli della lisciva e lo sporco più resistente. Gli indumenti,
infine, tenuti fra le mani da due donne, si strizzavano facendoli girare in
parti opposte”.
Dopo la sciacquatura il bucato veniva messo a
sciugare: “Gli indumenti e la biancheria per l’asciugatura venivano distesi in
cortile, nei prati, sullo stenditoio rudimentale delle nostre case. In campagna
si appoggiavano anche sui cespugli. L’inverno si stendevano in cucina attorno
alla canna fumaria dotata di alcuni appoggi sulla canna fumaria o vicino al
camino. Asciugati, alcuni indumenti
venivano stirati con il ferro da stiro alimentato dal calore della carbonella”.
Mi interessava sapere anche come gli indumenti
venivano stirati dopo l’asciugatura, chiesi pertanto delucidazioni a mia nonna:
“Molti indumenti non erano stirati, alcuni sì. Il primo ferro da stiro che ho
avuto (anni ’40) era quello pesante che si metteva direttamente sulla stufa. La
piastra si riscaldava e io potevo stirare il tempo che durava questo calore,
ovvero pochissimo. Insomma per dare una piega ai capi ci voleva davvero tanto
tempo. Le stufe di una volta erano fatte a cerchioni concentrici i quali si
toglievano uno ad uno, a seconda della grandezza della pentola da mettere?
Ebbene, quella era la stufa su cui io poggiavo il ferro da stiro. Nelle
sartorie, dove il ferro era attaccato tutta la giornata si è sempre preferito
impiegare questo tipo fino all’avvento dell’elettricità, infatti, si
rischiavano meno bruciature ed era più pulito.
E continuò: “Successivamente ho utilizzato quello dove
si mettevano le braci direttamene dentro al ferro. Quello che, come cimelio, si
trova ancora in tante case. Era tutto nero e aveva l’apertura in alto che
permetteva di riempirlo di braci ardenti. Questo ferro aveva un’autonomia più
grande rispetto a quello di prima. Per
poter stirare agevolmente dovevo spruzzare la stoffa con dell’acqua. La
bruciatura era assicurata se non si aveva l’accortezza di mettere uno straccio
tra la stoffa e il ferro”.
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