07 Ago QUEL PICCOLO MONDO DI IERI I Santi da invocare
L’opinione di Don Chino
2019-06-12 18:12:47
“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.” Don Chino
Pezzoli
I Santi da invocare
Tra i santi evocati dagli adulti con maggiore
frequenza e fede nelle difficoltà c’era sant’Antonio, sempre pronto a farci
trovare un oggetto smarrito dopo che avevamo recitato un Pater, Ave e Gloria.
Santa Rita che aiutava a superare la difficoltà e le beghe tra marito e moglie.
Per allontanare la grandine, il temporale, si recitava una preghiera a san
Simone che ci proteggeva da tuoni e saette. Il mal di denti era di competenza
di santa Apollonia, la martire cui furono strappati trentadue denti per aver
rifiutato di pronunciare una bestemmia.
Il 3 febbraio i fedeli s’inginocchiavano, baciavano
una candela con la quale poi veniva toccata la gola, scongiurando tonsilliti e
difteriti, grazie alla protezione di san Biagio che aveva salvato un bambino
quasi soffocato da una lisca di pesce. Questi e alti santi erano chiamati intercessori
perché chiedevano a Dio qualche grazia anche per la stalla, l’agricoltura. I
morti anche loro erano invocati per la siccità. Si andava in processione al
cimitero perché anch’essi potessero intercedere presso il Padreterno che
facesse piovere. Tutto allora si chiedeva a Dio.
Per i bambini e le bambine di Bergamo la santa più
invocata era santa Lucia che a notte profonda il 13 dicembre passava nelle case
a distribuire doni ai bambini. Al mio paese nativo la santa era stata sostituita
da San Martino. Il santo a cavallo entrava la notte dell’11 di novembre nelle
case mentre i bambini dormivano e depositava nelle loro scarpe: caramelle,
cioccolatini, castagne cotte, mandarini, torrone e qualche giocattolo e qualche
pezzo di carbone per i bambini che avevano combinato qualche marachella.
Nei giorni precedenti l’11 novembre i nostri genitori
per tenerci buoni ci raccontavano di aver già incontrato misteriosamente il
santo che si era informato se eravamo bravi, obbedienti, rispettosi in casa,
all’asilo, a scuola. Alla risposta positiva, il santo li aveva assicurati che
se continuavamo a fare i bravi ci avrebbe portato tutti i regali desiderati.
San Martino,
questo simpatico cavaliere, con metà mantello sulle spalle perché l’altra metà
l’aveva donato a un povero, per noi bambini era un personaggio importante.
Passava la notte per le strade con il suo cavallo bianco e annotava sul suo
quaderno i nomi dei bambini del paese, una pagina per i buoni e una per i
cattivi, riservandosi di trasferirli da una pagina all’altra secondo le
informazioni dell’ultima ora.
Sicuri che i desideri sarebbero stati esauditi, i
bambini scrivevano una lettera al santo con nome, cognome e indirizzo,
assicurandolo sulla loro buona condotta e aggiungendo alcuni buoni propositi. I
genitori leggevano la lettera attentamente, correggevano gli errori
d’ortografia e depennavano astutamente le richieste dei regali più costosi. La
sera della vigilia i bambini preparavano le scarpe, scarponi o stivali in un
angolo visibile della cucina o all’ingresso della casa, con un po’ di fieno per
il cavallo di san Martino che sarebbe arrivato a mezzanotte trascinando un
carretto pieno di doni.
I bambini nemmeno si domandavano come avrebbe potuto
il cavallo, in una sola notte, mangiare centinaia di pasti, e san Martino
entrare nelle case senza la chiave delle porte. Del resto, tutto quello che
avveniva in quella notte era stupendo, misterioso, e i bambini messi a letto
presto la sera del 10 novembre sognavano che il santo entrasse silenziosamente
nelle case, per riempire le scarpe di cioccolatini, caramelle e giocattoli e
poi scappare via.
Al mattino le mamme svegliavano i bambini puntualizzando
che il santo ormai era passato, ma che forse non aveva con sé ciò che gli
avevano chiesto. Se i bambini chiedevano informazioni sull’accaduto e perché
non aveva con sé un regalo tanto desiderato, la mamma rispondeva: “Sai, i
bambini che hanno chiesto il tuo regalo erano tanti, tantissimi, e san Martino
ha deciso di lasciare quel regalo ai bambini più poveri”.
I bambini poi scoprivano a scuola che le cose non
erano proprio andate in quel modo. Erano i bambini più ricchi a possedere i più
bei regali. San Martino forse non era stato ben informato… I genitori
difendevano sempre la scelta del santo, concludendo con la solita affermazione:
“I santi non sbagliano mai! Vedrai che l’anno prossimo san Martino ti porterà
il regalo che gli avevi chiesto”. Così, di anno in anno, si cresceva,
comprendendo che qualche cosa non quadrava. Quando poi la verità veniva a
galla, era come se il bambino perdesse qualcosa di grande: la sua innocenza.
Appena seppi da un mio amico che aveva visto suo padre
mettere nelle scarpe i doni e che san Martino non c’entrava per niente, l’avrei
preso a calci, ma nello stesso tempo volevo sentirmi dire che non era vero
quello che mi aveva detto. I bambini amano tutto ciò che è misterioso,
incantevole: non è bene privarli dei loro sogni. Ora i bambini non hanno più
bisogno d’attendere un dono, tutti i giorni hanno quello che noi avevamo
misteriosamente. San Martino ormai è diventato vecchio, il suo cavallo è in un
recinto, i suoi regali sono distribuiti dalle reti commerciali. I bambini s’addormentano
con la televisione accesa che pubblicizza ogni bendidio.
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