QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : LE CASE DI UNA VOLTA

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : LE CASE DI UNA VOLTA

L’opinione di Don Chino
2018-07-10 09:02:25

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

Le case di una
volta

Nei primi cinquant’anni del secolo scorso,
La maggior parte delle famiglie viveva
in case povere e diroccate di pietra
intonacate parzialmente soltanto all’interno, con i pavimenti di legno
consumato o di piastrelle di terracotta. Il tetto veniva coperto con beole in
montagna e con coppi in pianura. I tetti vecchi e cadenti di una volta non
riparavano il solaio dalle piogge e si doveva spesso ricorrere alle pentole e
ai secchi per raccogliere l’acqua prima che penetrasse nelle stanze. Un’
impresa indimenticabile.  

Le case predisponevano di una cucina col
camino al piano rialzato e la stalla al piano terreno, una o più stanze al
secondo (dove si dormiva in molti) il solaio per la legna e il fienile in una
tettoia accanto alla stalla e, in qualche caso, la cantina interrata. Le
finestre erano molto piccole e lobbie di legno sporgevano sui piani superiori
dove alle barriere terminali veniva appeso il granoturco per essiccare. Le
scale anch’esse di legno erano fissate in basso e in alto alle lobbie e
rendevano possibile l’accesso ai piani superiori. I viottoli, i sentieri, le
strade sterrate e le mulattiere, percorse da muli e asini, erano le uniche vie
di comunicazione tra le borgate rurali e il paese più vicino. 

Non c’era l’elettricità e la luce in casa
era data da lampade a olio di noci, petrolio o dalle candele di cera (molto
costose in quel tempo) che si stava ben attenti a non consumare. L’acqua era
disponibile per tutti alle fontanelle del paese dove uomini e donne con i
secchi andavano a prenderla. I più attrezzati si servivano di un
bastone ricurvo
con intaccatura sulle estremità che, appoggiato sulle spalle, permetteva di
portare due secchi pieni d’acqua.

Per cucinare c’era la stufa a legna in
muratura o confezionata con ferro e ghisa. La cucina in muratura o in metallo, almeno fino al primo dopoguerra, era
la cucina di quasi tutte le case italiane. Non mancava l’essenziale per
cucinare: il focolare che scaldava le piastre in ghisa, la calderina per
l’acqua calda per lavare i bambini nel mastello, le canne fumarie che servivano
anche per asciugare d’inverno gli indumenti,
Il forno per cucinare
il pane o l’arrosto.

I mobili erano pochi: letti di legno con
un materasso o sacco riempito di paglia o di cartocce del granoturco, poche
coperte sdrucite e smunte dall’uso. Le lenzuola erano presenti nelle famiglie
degli artigiani e commercianti. I figli di una famiglia numerosa dormivano in
due, tre, nello stesso letto. Cassapanche e qualche armadio nelle stanze. In
cucina si trovavano tavoli, sgabelli o panche, una madia per il pane e altri
cibi, una trave alla parete con la stoviglieria attaccata ai chiodi, il camino.
 D’altra parte tutta la vita della
famiglia si svolgeva fuori, nel lavoro dei campi e quando si era in casa, si
stava in cucina o, al più, nella stalla. Le stanze da letto erano riservate al
dormire. Gli anziani mettevano l’inverno nel letto l’inverno scaldarlo “il
prete”, un legno con due semiarchi a forma di barchetta con la parte interna
rivestita di due lastre di ferro sottili e un contenitore metallico a forma di
pentola dotato di piedini e manico di legno chiamato “la suora”. Questo
contenitore riempito di brace con sopra uno strato leggero di cenere, per
un’ora circa scaldava il letto.

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