07 Ago QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : LE ROGAZIONI
L’opinione di Don Chino
2019-04-03 14:02:45
“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.” Don Chino
Pezzoli
Le Rogazioni
Mai sentito
parlare di Rogazioni? Introdotte con l’avvento del
cristianesimo, consistono in preghiere, processioni e benedizioni ai campi eseguiti
al fine di propiziare un buon raccolto. Da bambini mia mamma ci sveglia alle
cinque del mattino per partecipare alle Rogazioni. Sono rimaste nella mia
memoria alcune invocazioni che il prete recitava in latino mentre aspergeva con
l’acqua benedetta i campi: “A fulgure et
tempestate, libera nos Domine”, dal fulmine e dalla tempesta, liberaci
Signore. “A peste, fame, et
bello, libera nos Domine! A flagello terraemotus, libera nos Domine!”, dalle
calamità, peste, guerra e terremoto, liberaci Signore.
Noi
ragazzi, allineati in processione, osservavamo i contadini che con il cappello
in mano si inginocchiavano e pregavano perché il raccolto dell’annata fosse
abbondante e mentre il sacerdote aspergeva i campi si facevano il segno della
croce. I nostri nonni e genitori ritenevano quei riti importanti. Non solo. Nella
festa delle Palme portavano a casa alcuni ramoscelli d’olivo e l’acqua
benedetta: l’ulivo da bruciare nel camino per alleggerire le nubi durante i
temporali e l’acqua benedetta per spargere nei loro campi, qualora qualche
insetto danneggiasse il raccolto.
Lo
scopo quindi delle Rogazioni e altri riti del passato era quello di attirare la
benedizione divina sul lavoro nei campi, sui frutti della terra, sui boschi
perché non bruciassero. Malgrado il
progressivo affievolirsi di una tradizione che fino a pochi decenni fa era
rispettata da ogni contadino, ora la scarsità della pioggia per i campi, la
tempesta, il terremoto e altre calamità sono scongiurate, almeno sembra, dalle
capacità umane.
In passato ogni bene che sostentava la vita
dell’uomo era dono di Dio, godeva quindi della sua protezione. Si invocava quindi
con preghiere e suppliche, per prevenire qualsiasi calamità e qualora l’annata
non corrispondesse alle attese, il credente affidava il disagio, la povertà e
le sofferenze conseguenti alla provvidenza divina. L’affermazione che ripetevano i nostri nonni:
“Quello che Dio vuole non è mai troppo”.
All’epoca
l’agricoltura rappresentava l’attività di gran lunga più diffusa: essa forniva
sia il lavoro sia direttamente anche i prodotti necessari alla sussistenza.
Accanto a questa l’artigianato era in grado di creare tutta quella serie di
prodotti collaterali che coprivano le necessità immediate più importanti:
vestiario, attrezzi necessari al lavoro, prodotti utili per la casa. C’era la forte esigenza di implorare la benevolenza divina su tutto.
Al termine
della processione nei campi il prete celebrava la messa e pronunciava altre
preghiere perché grazia divina proteggesse il raccolto, sostenesse la fatica
dei contadini, assicurasse alla famiglia il necessario per vivere. Al ritorno
dalle Rogazioni, uomini e donne, indossavano gli abiti da lavoro e prendevano
con sé gli attrezzi agricoli e si avviavano verso i loro campi, sicuri che Dio
avrebbe ascoltato le loro preghiere.
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