14 Ott I Figli e il futuro
Viviamo in una società competitiva, dove il futuro è incerto e minaccioso: molti giovani
resteranno probabilmente senza lavoro e ben pochi troveranno un’attività corrispondente
alle loro aspirazioni, per cui, nella corsa della vita, i genitori tendono a trasformarsi in
allenatori. Sono loro a scegliere la scuola, gli insegnanti, la palestra, gli amici, le vacanze,
gli studi superiori, la professione che i figli dovranno esercitare e a imporre il ruolino di
marcia da osservare, gli obiettivi da raggiungere e i risultati da ottenere.
Questi figli incrementano competenze e abilità a scapito dell’evoluzione complessiva. Non
essendo liberi di scegliere, non possono sbagliare, ma senza rischi non si cresce: la vita
s’impara solo vivendo. Cercando di metterli al riparo dalle frustrazioni, i genitori li chiudono
in una gabbia dorata, cioè, appunto, pur sempre una gabbia, in cui non c’è posto per il
gioco, la fantasia, l’introspezione, l’elaborazione delle emozioni. Non si rendono conto che
così facendo inaridiscono la dimensione esistenziale del figlio, quella che si sviluppa nella
libertà anche di oziare, fantasticare, prevedere futuri possibili, evocare un orizzonte verso
il quale procedere.
Sono sempre più i figli sottoposti dai genitori a richieste insostenibili, incapaci di
corrispondere le aspettative della famiglia che finiscono per sentirsi inadeguati sino a
perdere sicurezza e autostima. Di conseguenza, aumentano le patologie legate all’ansia,
come l’iperattività e la difficoltà a concentrarsi. Per prevenire anziché curare, i genitori
farebbero bene ad allentare la presa, concedendo man mano ai figli che crescono
maggiori ambiti di autonomia, di spontaneità, di iniziativa, evitando di sorvegliare tutti i loro
comportamenti.
I genitori spesso proiettano i propri sogni sui figli, ma vi è il rischio di sovrapporli ai loro,
bloccando i processi di crescita che fanno dire: “Io sono così”. Lo scopo dell’educazione
consiste soprattutto nel far emergere i desideri dei figli e, coniugandoli con il senso di
responsabilità, sostenerne la realizzazione. Ma solo un genitore che abbia riconosciuto,
nelle proprie pretese l’interferenza dell’onnipotenza inconscia può restare accanto ai figli
che cresce con vigile disponibilità, senza prevaricarli.
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