07 Lug Quindicenni sbronzi
Molti giovanissimi bevono molto con l’intento di ubriacarsi. L’alcol sta
diventando sempre di più il grande protagonista del sabato sera dei
ragazzini. In pochi anni è più che raddoppiato il consumo di alcol
nella fascia più giovane, quella dai quattordici ai diciassette anni. Le
cifre sono preoccupanti. Il 13% dei quindicenni dichiara di essersi
sbronzato almeno venti volte nella sua vita.
Le ragazze sono in forte rimonta in questa preoccupante classifica e
bevono più dei coetanei maschi. Il dottor Paolo Marzorati, medico e
psicoterapeuta, esperto in medicina delle dipendenze, risponde alle
domande di alcuni genitori preoccupati per l’abuso di alcol nei figli
giovanissimi. Riassumo le domande e risposte.
Perché è esplosa l’emergenza-alcol degli adolescenti? Cos’è
cambiato rispetto alle generazioni precedenti?
«Ci sono tre elementi preoccupanti nel bere degli adolescenti. In
primo luogo, il fatto che lo considerino un comportamento normale,
non trasgressivo. Fino a pochi anni fa le persone che bevevano
abitualmente erano viste come emarginate di cui avere pena; oggi,
per i giovani, il bere si è accreditato come fenomeno di moda,
ricercato, immagine di socialità e successo. Un altro aspetto è il fatto
che si beva smodatamente: non c’è il gusto per il singolo bicchiere,
ma la ricerca dello sballo.
E il terzo elemento, il più inquietante, è che l’alcol è ormai la
sostanza di ingresso nel mondo delle droghe. Il consumo di alcol si
accompagna spesso a quello di ecstasy, cannabis, cocaina. Questo
avviene più facilmente nei luoghi di aggregazione, come le
discoteche, i pub, le case al mare o in montagna.»
Che cosa cercano gli adolescenti, perché vogliono “sballarsi”?
«Viviamo in una società che non sa cogliere e valorizzare l’energia e
la creatività dei giovani. È l’epoca delle passioni tristi e spente, della
mancanza di prospettive. Lo “sballo” compensa, annullando i
pensieri, offrendo sensazioni di socializzazione non raggiungibile in
altri modi, aiutando a “perdere il controllo”. Serve ubriacarsi per
mettersi in contatto col mondo delle emozioni. I giovanissimi sbronzi
sono molti e fanno parte di famiglie anche economicamente normali.
Questi ragazzi e ragazze passano le serate insieme e si sbronzano.
Poi si mettono in macchina e si schiantano su altri autoveicoli o
finiscono fuori strada. Alcuni si ritrovano al pronto soccorso in coma
etilico.»
I genitori hanno la possibilità di accorgersene?
«I genitori sono spesso gli ultimi a rendersi conto del fenomeno. I
ragazzini che bevono il sabato sera, e il giorno dopo ne portano i
segni evidenti, si fermano a dormire a casa di amici, quando i genitori
sono via per il weekend. Prendono tutte le precauzioni perché padre
e madre non si accorgano di niente. Spesso i genitori sanno tutto,
ma se ne fregano. Basta ascoltare le loro affermazioni: “Fanno tutti
così i ragazzi! Che male c’è se di tanto in tanto si sbronza!”.
“Mia figlia mi racconta quanto si è divertita essendo un po’ brilla.”
Accidenti come siamo caduti in basso!»
Ci sono dei segnali cui fare attenzione?
«Uno dei più significativi, sottovalutato, è proprio il fatto di non
dormire a casa il sabato sera. Se questo comportamento si ripete
costantemente, è indispensabile preoccuparsi e mettere in atto
accertamenti. Anche il fatto di dormire troppo a lungo la domenica
non va preso sottogamba: i genitori ormai non ci fanno più caso,
perché la notte del sabato finisce spesso alle sei del mattino.
La domenica è bene fare un silenzioso check-up, controllare se
mangia, se ha vomito o diarrea, se i gesti sono sicuri o poco
coordinati, se l’umore è irritabile, scontroso, se c’è chiusura e poca
voglia di concentrarsi. Basterebbe cogliere l’alternarsi dei suoi stati
umorali, l’accentuarsi degli stati di passività o non voglia di studiare,
di partecipare in casa al dialogo.»
C’è un modo per “prevenire” il rischio-alcol?
«Credo sia importante capire se il ragazzo o la ragazza stia bene
psicologicamente, se ha interessi, relazioni affettive, voglia di
pensare, immaginare, sognare. I genitori oggi danno molto in termini
materiali, offrono ai figli regali, svaghi, soldi, ma scarsi stimoli
culturali.
Ma soprattutto sanno percepire lo stato d’animo dei figli. Le nuove
generazioni sono consapevoli del fatto che per loro sia quasi
impossibile costruirsi un futuro senza l’aiuto dei genitori. Ciò
comporta rimanere dipendenti a lungo dalla famiglia, non avere
motivazioni autonome e responsabilità dirette. Tutto ciò è foriero di
malessere interiore. Le sbornie sono come valvole di sfogo. Di qui la
necessità di aiutare i figli intelligentemente.»
Cosa significa aiutarli intelligentemente?
«La comunicazione con i figli è di fondamentale importanza. Non è
subissarli di parole, ma saperli osservare, ascoltare. Quando parlano
e quando tacciono, perché non solo le parole portano messaggi, ma
anche i silenzi, gli umori. I momenti fondamentali della conversazione
genitori-figli sono quelli in cui si partecipa insieme al pranzo, alla
cena, ai momenti di condivisione di una vacanza o semplicemente
alcuni momenti che i genitori pattuiscono con i figli di trascorrere
insieme. Attenti però che non basta la presenza nello stesso spazio,
se poi il telefonino, il tablet e la televisione deviano l’attenzione sia
dei figli che dei genitori. L’alcol spesso serve ai giovanissimi per
comunicare con gli amici poiché l’overdose di linguaggio virtuale li ha
disabituati.»
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