Rischi e coraggio

Molti di noi vivono in un costante stato di allarme, ma in pochi sanno che a volte è naturale e anche conveniente provare paura. È la più antica delle emozioni ed è anche il motivo per cui la specie umana è arrivata fin qui. Solo che in migliaia di anni molto è cambiato e i pericoli di una volta sono per lo più scomparsi. I pericoli sono diventati altri e la buona
notizia è che si può imparare a gestire meglio le nostre paure.
Spesso ci diciamo che per combattere la paura dobbiamo avere coraggio. Il coraggio non andrebbe quindi visto come la mancanza di paura, ma come un superamento della paura.
La persona che definiamo coraggiosa non è necessariamente una persona che non ha paura, ma piuttosto una persona che fa in modo d’imparare a gestire la paura e a superarla. Una persona prudente valuta i rischi e le risorse da mettere in atto. Il coraggio non va mai disgiunto dalla prudenza, che indica come e quando agire o non agire.

Ho incontrato nella mia giovinezza persone che hanno partecipato all’ultimo conflitto mondiale. Esse sostenevano che la paura era sempre presente durante le azioni o combattimenti militari. Il soldato senza paura sottovalutava i rischi mettendo in pericolo la sua stessa vita. Tra questi due estremi, cioè tra la persona che non percepisce alcuna paura e quindi può mettersi in pericolo e una persona che ha paura e si blocca, c’è il giusto mezzo di chi percepisce la paura e il livello di rischio, ma è in grado di gestirlo con coraggio.
Il fatto di sforzarci e controllare le paure è, in qualche modo, una battaglia persa perché esse si manifestano attraverso circuiti primordiali, più profondi e basilari di quelli che controlliamo con il nostro Io cosciente. Provare a controllare la paura è inefficace e inutile.
La persona prudente sa che la paura non si controlla, ma bisogna imparare a convivere con essa. Come? Prima di tutto convincendoci che fa parte della nostra mente, come tutte le emozioni. Si può elaborarla, se necessario, attraverso il sostegno di uno psicoterapeuta o semplicemente ridimensionarla con razionalità.
Possiamo anche evitare di metterci in tutte quelle condizioni che potrebbero suscitare paura. L’esempio tipico è quello del bambino che continua a dormire con la luce accesa perché ha paura del buio. Se glielo consentiamo eviteremo i suoi pianti del bambino ma rischiamo di creare in lui la paura della paura. Non solo: il bambino entra in un meccanismo che lo porterà alla dipendenza dalla lampada accesa. L’adulto saggio deve scegliere tra il pianto del bambino e la dipendenza alla lampada ed è meglio il pianto, che di solito dura soltanto qualche giorno.
Raccontare le paure serve per capire che sono qualcosa di comune. Il proverbio afferma: “Mal comune, mezzo gaudio” ed è un modo di dire usato in moltissime situazioni quotidiane. Il significato è piuttosto chiaro e si basa sul presupposto che le difficoltà, le avversità che ci colpiscono sembrano o diventano effettivamente più sopportabili se anche altre persone le hanno affrontate. Spesso alcune paure sono comuni e ciò ridimensiona anomalie che credevamo fossero soltanto personali. Sapere che anche altri soffrono per lo stesso motivo ci può tranquillizzare.