17 Mar Tempi di solitudine
Una delle più forti paure che sentiamo nella nostra vita è quella di restare soli, non tanto di poterci isolare un momento nella nostra stanza lontani dal caos della folla, quanto di venire emarginati, isolati dagli altri. Essere soli è diverso dallo stare da soli o dal sentirsi soli. Il dolore cronico della solitudine è una ferita lacerante che può alterare il nostro equilibrio fisiologico. È un giogo che trasforma il bisogno insoddisfatto dell’altro in sensazioni, pensieri e comportamenti ostili. Vi dico subito in questa riflessione cosa ho imparato. I pensieri che seguono li ho appresi dalla lettura del libro Solitudine di John T. Cacioppo e William Patrick.
Quasi tutti siamo convinti che per sconfiggere la solitudine sia necessario stare insieme agli altri, avere una relazione di coppia, frequentare molti amici, uscire di casa e stare in mezzo alla gente. In pochi pensano che la solitudine sia soprattutto un problema emotivo, la conseguenza del continuo cercare all’esterno le cose di cui crediamo di avere bisogno. L’avere persone e cose non ci basta. Non ci riempiono il vuoto interiore, specie in quei momenti in cui si appiccica alla pelle la solitudine come una sanguisuga. Forse è utile fermarci e farci una domanda fondamentale: che cosa desideriamo davvero, o meglio qual è il tesoro nascosto che ci appaga? La risposta non è immediata, né approssimativa, richiede momenti di meditazione, specie quando siamo tristi, vuoti, sofferenti.
Forse anche a voi sarà capitato di vivere certi momenti in cui vi sentite tristi e soli, in cui le cose sembrano davvero non andare nel modo giusto, mentre gli altri non riescono a capirvi e aiutarvi. Tutto si gioca sulle nostre emozioni. Una delle più forti emozioni che sentiamo nella nostra vita è quella di restare soli, non certo di poterci isolare un momento e stare con noi stessi, ma di venire emarginati e isolati dagli altri. Abbiamo paura di essere esclusi perché sentiamo di non poter fare a meno degli altri, abbiamo paura di soffrire senza un partner, gli amici, le frequentazioni con cui passare il tempo, di vivere una vita povera d’amore. Non solo, ci escludiamo anche dagli altri per motivi diversi. Restare soli può significare non essere amati, capiti e spesso anche messi da parte. Guai se in questi momenti ci lasciamo cadere le braccia, guardiamo tutto quello che ci circonda e lasciamo che le emozioni negative ci chiudano in noi stessi.
La nostra è un’epoca in cui capeggia l’isolamento, stare appartati è diventato un’abitudine, un modo per attirare l’attenzione. Tutti siamo perfettamente consapevoli che l’amore, i figli, il lavoro, le sicurezze, le cose che possediamo non sono stabili, tutto è in divenire. Ecco che allora si finisce per vivere i rapporti con il timore di perderli. Un timore che si percepisce nelle relazioni, non appena qualcosa comincia a non funzionare, ci si agita e si va subito in ansia proprio perché si ha paura di essere abbandonati. Un’ansia quindi di difesa, ma non dovrebbe essere così. Le perdite della nostra vita non sono mai catastrofiche, ci spronano a recuperare nuovi e improvvisi incontri. Noi assomigliamo ai fiori che sbocciano e crescono insieme, forse per farsi compagnia: qualcuno poi appassisce, ma altri germogliano.
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