I santi da invocare

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Tra i santi evocati dagli adulti con maggiore frequenza e fede nelle difficoltà c’era sant’Antonio, sempre pronto a farci trovare un oggetto smarrito dopo che avevamo recitato un Pater, Ave e Gloria.
Santa Rita che aiutava a superare la difficoltà e le beghe tra marito e moglie.
Per allontanare la grandine, il temporale, si recitava una preghiera a san Simone che ci proteggeva da tuoni e saette. Il mal di denti era di competenza di santa Apollonia, la martire cui furono strappati trentadue denti per aver rifiutato di pronunciare una bestemmia. 

Il 3 febbraio i fedeli s’inginocchiavano, baciavano una candela con la quale poi veniva toccata la gola, scongiurando tonsilliti e difteriti, grazie alla protezione di san Biagio che aveva salvato un bambino quasi soffocato da una lisca di pesce. Questi e alti santi erano chiamati intercessori perché chiedevano a Dio qualche grazia anche per la stalla, l’agricoltura. I morti anche loro erano invocati per la siccità. Si andava in processione al cimitero perché anch’essi potessero intercedere presso il Padreterno che facesse piovere. Tutto allora si chiedeva a Dio. 

Per i bambini e le bambine di Bergamo la santa più invocata era santa Lucia che a notte profonda il 13 dicembre passava nelle case a distribuire doni ai bambini. Al mio paese nativo la santa era stata sostituita da San Martino. Il santo a cavallo entrava la notte dell’11 di novembre nelle case mentre i bambini dormivano e depositava nelle loro scarpe: caramelle, cioccolatini, castagne cotte, mandarini, torrone e qualche giocattolo e qualche pezzo di carbone per i bambini che avevano combinato qualche marachella. 

Nei giorni precedenti l’11 novembre i nostri genitori per tenerci buoni ci raccontavano di aver già incontrato misteriosamente il santo che si era informato se eravamo bravi, obbedienti, rispettosi in casa, all’asilo, a scuola. Alla risposta positiva, il santo li aveva assicurati che se continuavamo a fare i bravi ci avrebbe portato tutti i regali desiderati.

San Martino, questo simpatico cavaliere, con metà mantello sulle spalle perché l’altra metà
l’aveva donato a un povero, per noi bambini era un personaggio importante.
Passava la notte per le strade con il suo cavallo bianco e annotava sul suo quaderno i nomi dei bambini del paese, una pagina per i buoni e una per i cattivi, riservandosi di trasferirli da una pagina all’altra secondo le informazioni dell’ultima ora.

Sicuri che i desideri sarebbero stati esauditi, i bambini scrivevano una lettera al santo con nome, cognome e indirizzo, assicurandolo sulla loro buona condotta e aggiungendo alcuni buoni propositi. I genitori leggevano la lettera attentamente, correggevano gli errori d’ortografia e depennavano astutamente le richieste dei regali più costosi. La sera della vigilia i bambini preparavano le scarpe, scarponi o stivali in un angolo visibile della cucina o all’ingresso della casa, con un po’ di fieno per il cavallo di san Martino che sarebbe arrivato a mezzanotte trascinando un carretto pieno di doni. 

I bambini nemmeno si domandavano come avrebbe potuto il cavallo, in una sola notte, mangiare centinaia di pasti, e san Martino entrare nelle case senza la chiave delle porte. Del resto, tutto quello che avveniva in quella notte era stupendo, misterioso, e i bambini messi a letto presto la sera del 10 novembre sognavano che il santo entrasse silenziosamente nelle case, per riempire le scarpe di cioccolatini, caramelle e giocattoli e poi scappare via. 

Al mattino le mamme svegliavano i bambini puntualizzando che il santo ormai era passato, ma che forse non aveva con sé ciò che gli avevano chiesto. Se i bambini chiedevano informazioni sull’accaduto e perché non aveva con sé un regalo tanto desiderato, la mamma rispondeva: “Sai, i bambini che hanno chiesto il tuo regalo erano tanti, tantissimi, e san Martino ha deciso di lasciare quel regalo ai bambini più poveri”. 

I bambini poi scoprivano a scuola che le cose non erano proprio andate in quel modo. Erano i bambini più ricchi a possedere i più bei regali. San Martino forse non era stato ben informato… I genitori difendevano sempre la scelta del santo, concludendo con la solita affermazione: “I santi non sbagliano mai! Vedrai che l’anno prossimo san Martino ti porterà il regalo che gli avevi chiesto”. Così, di anno in anno, si cresceva, comprendendo che qualche cosa non quadrava. Quando poi la verità veniva a galla, era come se il bambino perdesse qualcosa di grande: la sua innocenza. 

Appena seppi da un mio amico che aveva visto suo padre mettere nelle scarpe i doni e che san Martino non c’entrava per niente, l’avrei preso a calci, ma nello stesso tempo volevo sentirmi dire che non era vero quello che mi aveva detto. I bambini amano tutto ciò che è misterioso, incantevole: non è bene privarli dei loro sogni. Ora i bambini non hanno più
bisogno d’attendere un dono, tutti i giorni hanno quello che noi avevamo misteriosamente. San Martino ormai è diventato vecchio, il suo cavallo è in un recinto, i suoi regali sono distribuiti dalle reti commerciali. I bambini s’addormentano con la televisione accesa che pubblicizza ogni bendidio.