La festa del maiale

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola accesa.” Don Chino Pezzoli
La festa del maiale
Un mio compagno di quarta elementare mi confidò che il giorno dopo non sarebbe venuto a scuola per partecipare alla festa del maiale. Nelle nostre cascine e casolari sparsi tra i prati e boschi si allevavano galline, conigli, ma soprattutto il maiale nutrito per circa nove mesi con gli avanzi della cucina, con castagne, ghiande, crusca e bucce di patate. Era, dopo la mucca, l’animale più curato in attesa della sua resa in carne, costine, salsicce, lardo e salame, alimenti che costituivano per le famiglie una risorsa di proteine indispensabili nella nutrizione.
La macellazione del maiale era un vero e proprio giorno di festa, un momento di socializzazione festosa, un’occasione in cui partecipava l’intera famiglia, i parenti, i compari, gli amici, il parroco del paese speranzoso che tra una benedizione e un discorsetto potesse meritarsi qualche costina e pezzo di lardo. Pure i vicini di casa venivano invitati a consumare, in quel giorno. il pranzo cucinando i rimasugli della trasformazione.
Il maiale è stato per secoli la nutrizione proteinica delle famiglie povere. principalmente
vegetariana, e non per scelta. La carne era consumata esclusivamente durante le ricorrenze e nei giorni di festa. Il poter addentare carne genuina di suino allevata in cascina era davvero un evento molto atteso.
In genere la macellazione avveniva tra i mesi di dicembre, gennaio e febbraio che
coincidevano con il periodo freddo dell’anno e alla piena maturazione dell’animale che pesava più di un quintale. La tecnica o bravura del macellaio prevedeva che niente del maiale fosse scartato. Persino il sangue veniva cucinato e portato in tavola a forma di ciambella.
Un antico rito quindi, “una festa” che durava tutto il giorno. Alcuni ritengono che questa usanza appartenga al cambiamento da parte di alcune popolazioni che dalla caccia e dalla raccolta spontanea dei prodotti passarono a un sistema più sedentario basato sull’agricoltura e l’allevamento di animali domestici. Certamente quella del maiale è un’usanza che risale al lontano passato.
Oggi pensare alla macellazione tradizionale del maiale sicuramente può destare dissenso, anche se la macellazione dei suini continua nei grandi stabilimenti con tecniche e lavorazioni diverse. Noi ci troviamo sulle nostre tavole carne e affettati di suino. Difficilmente quando
si mangia il prosciutto, il salame, la pancetta si pensa alla provenienza…
Nel mondo realistico del passato, tutto avveniva sotto il portico della cascina alla presenza di adulti e bambini che festeggiavano l’evento e attendevano di mangiare la carne dopo essersi nutriti per tanti mesi di verdure ed erbe di campo. I piccoli salterellavano attorno alla brace, solo nel sentire il profumo della carne cotta su di una griglia improvvisata. Sia i piccoli che
i grandi, a quei tempi, avevano in comune la fame da fare tacere, almeno per un giorno. Non è poco.
Le carni del maiale accuratamente selezionate e lavorate venivano messe in un posto sicuro per non indurre in tentazione piccoli e grandi. Di solito, erano i nonni i custodi di queste dispense del passato, a nessuno era permesso entrare e si capisce il perché… Il “tesoriere” alla domenica portava in tavola un pezzo di lardo o di salame per rallegrare la frugale mensa. Un mondo quello di ieri povero e dignitoso, ricordato con piacere da noi anziani. Un mondo che ci ha insegnato ad apprezzare il cibo e non sciuparlo.