Il venditore di tessuti

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Un tempo per le vie del paese, si poteva ascoltare il richiamo degli ambulanti, che propagandavano merci sia in acquisto che in vendita: chi ha uova da vendere, chi ha da vendere frutta, verdura oppure stoffe, aghi, o pettinini, o spagnolette di cotone.

Il banditore o commerciante, si fermava agli angoli delle strade, suonava il suo tamburo o la cornetta, per richiamare l’attenzione dei cittadini e, dopo due o tre lunghi e acuti squilli di cornetta o di rullo del tamburo, nel più rigoroso linguaggio dialettale locale dava libero sfogo ai polmoni, gridando ai quattro venti la mercanzia che portava appresso.

Decantare la merce era un mestiere che spesso si tramandava da padre in figlio. Quando si percepiva la voce del banditore le donne aprivano le finestre o i balconi o uscivano sull’uscio di casa. La maestria stava non solo nel modulare il tono di voce, ma anche nello scegliere il crocevia dove il richiamo, forte e chiaro, si propagava in modo uniforme così da non affaticare troppo le sue corde vocali.

Alcuni di questi ambulanti di stoffe si trovano ancora nei mercati settimanali ma con caratteristiche diverse da quelli di un tempo. I venditori ambulanti preferiti dalle donne, vendevano scampoli e stoffe pregiate che le tessitrici locali realizzavano raramente con i telai. Alcuni venivano anche dai paesi vicini e giravano per le strade a piedi o con un carrettino spinto a mano portando sopra dei rotoli di semplici tessuti, tipo: tela bianca, mussola, cretonne, batista, lino e percalle.

Erano tessuti che servivano per confezionare camicie, biancheria intima e abiti da donna, per cui spesse volte erano le sarte che suggerivano alle clienti qualità, tipo e colore del tessuto da acquistare.
All’inizio di ogni strada richiamavano l’attenzione della gente con frasi fiorite o scherzose del tipo: “Chi vuole la mussola!”, “Tela, tela di mussola e lino”, “Beato a chi ha i soldi!”. Le donne riconoscendo gli ambulanti da queste frasi decidevano se uscire di casa per vedere cosa portava quel giorno quel venditore di stoffe.

L’ambulante aspettava che si avvicinasse qualcuno per iniziare l’esibizione folcloristica, fatta di gesti ed espressioni dialettali d’origine, per piazzare la sua mercanzia; se insieme alle mamme c’erano delle belle ragazze in procinto di sposarsi, allora la recita era di alto livello perché si potevano piazzare diverse quantità e qualità di tessuti.

Non esitava ad aprire il tessuto, svolgendolo dal rotolo, per mostrare qualità, morbidezza e purezza dello stesso; a volte lo metteva sulle spalle dell’acquirente affinché potesse convincersi del colore o della fantasia in funzione di quello che si doveva cucire: una gonna, un grembiule), un corpetto, una camicia, una sottana, due tre mutande, uno scialle grande.

Prima del taglio, si assisteva alla contrattazione del prezzo del tessuto per metro lineare. Lui partiva sempre da un prezzo altissimo, la cliente lo guardava in faccia con l’aspetto burbero e lo riduceva a un terzo. A questo punto iniziava il teatrino: lei faceva finta di non essere
interessata, prendeva sotto braccio la figlia e se ne andava; lui la chiamava cercando di spiegare che il prezzo era giusto per quel tessuto e che poteva fare solo qualche piccolo sconto; lei, sempre tutta sostenuta, confermava la proposta fatta; lui iniziava a ritoccare il prezzo; lei faceva finta di ritornare; lui… e così via, fino a quando non si mettevano d’accordo.

Solo a questo punto il mercante dopo aver preso le forbici, tagliava la quantità di tessuto richiesto, prendendo come riferimento il proprio braccio che in passato equivaleva a 60 cm. Circa. Non mancavano da parte dell’ambulante le solite affermazioni che volevano rassicurare il cliente che aveva fatto l’affare. Dopo aver incassato i soldi, salutava la cliente e le assicurava che la settimana prossima sarebbe ritornato con altre stoffe di valore.