La bicicletta e il ciclista

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La bici è un mezzo comune nella vita di tutti i giorni, la si usava molto in passato, ma anche adesso, nei paesi, donne e uomini transitano in bicicletta per le strade per recarsi a far la spesa o raggiungere la casa di un amico. E’ il mezzo di locomozione più utilizzato e diffuso nel mondo e non so quanti si siano mai chiesti a chi, per primo, venne in mente di unire un telaio alle due ruote e creare così la favola della bicicletta. A mia volta animato da curiosità mi sono cimentato in una ricerca e proverò a farne un riassunto, in pillole. 

Come in ogni favola che si rispetti, si inizia con il fatidico “c’era una volta”. Ebbene, c’era una volta un genio, pardon in questo caso è d’obbligo usare la maiuscola, un Genio dicevamo poiché parliamo del sommo Leonardo da Vinci; senza dubbio un uomo avanti di un secolo rispetto ai suoi tempi. Leonardo ideò diverse macchine mosse dalla forza delle leve e da quella dell’uomo, risalendo al “Codice Da Vinci”, per la precisione al “Codice Atlantico” troviamo nel II Tomo al foglio 133 il primo disegno compiuto di un mezzo che possiamo definire una “bicicletta”, lo schizzo appare già completo di tutti gli elementi con i quali ci immaginiamo oggi una bici quindi pedali, catena, mozzi, correva l’anno 1490.

Per la costruzione “fisica” vera e propria di un mezzo dobbiamo attendere ancora 300 anni ed arrivare fino all’anno 1791. Grazie ad un francese questa volta, il Conte De Sivrac, egli costruì un mezzo che battezzò “Célérifère” o celerifero, una sorta di bici interamente in legno, priva di qualsiasi ingranaggio (catena o pedali) financo priva di sterzo e quindi immaginatevi un mezzo che consentiva di andare a passeggio stando seduti e spingendosi in avanti con i piedi a terra, non molto pratico ma era l’inizio di questa evoluzione che porterà alle nostre bici di oggi. 

Dovranno passare altri 30 anni per avere un nuovo passo tecnico che a noi indubbiamente deve apparire semplicissimo, parlo dell’aggiunta dello sterzo alla ruota anteriore, ancora una volta un nobile, un Tedesco, il Barone Karl Von Drais nell’anno 1817 apporta questa modifica al congegno che verrà poi chiamata “Draisina” un telaio in legno, cerchioni in acciaio, sedile regolabile in altezza e circa 22 Kg di peso. Parliamo ancora di una sorta di monopattino con sterzo, non è ancora una vera e propria bici. Questo mezzo di trasporto si completerà negli anni successivi ed essere dotato i altri pezzi (pedali, ruote di gomma, manubrio, catena. 

Con la bicicletta ebbe origine anche il biciclettaio o ciclista, uno dei mestieri che vanta ovunque una lunga tradizione artigianale. Un lavoro “manuale”, che è frutto di passione e competenze, Denio nella sua bottega Denio nella sua bottega un mestiere Denio nella sua bottega che è abilità manuale e artigiana. In ogni paese, in passato c’erano uno, due tre ciclisti. Le biciclette erano il mezzo di trasporto di molti, ogni famiglia possedeva la bici per gli uomini e per le donne, raramente quella per i bambini. La bicicletta “Bianchi” era una marca famosa per la robustezza e durata. Manubrio, sella, telaio, pedali e catena che azionava le due ruote con copertone e camera d’aria, il tutto richiedeva riparazioni. 

Le rotture della bicicletta erano tante in passato in  quanto le strade erano sterrate: le forature, il malfunzionamento della catena di trasmissione, il gripparsi dei pedali, il manubrio difettoso, il telaio che s’incrinava.  Il ciclista riparava ogni guasto con abilità, economia e pazienza. I pezzi di ricambio, solitamente, li ricavava da biciclette demolite, raramente si forniva di ricambi nuovi. Il costo della riparazione doveva essere contenuto, così anche la manodopera. Allora erano tempi di povertà e la bici serviva soprattutto per recarsi al lavoro. Farla riparare dal ciclista di fiducia era una garanzia nel risultato e un risparmio economico.

Tra i ricordi più cari conservo nell’archivio della memoria un ciclista degli anni ’70.  Giuseppe (nome fittizio) aveva messo un cartello sulla porta della sua officina: “Si riparano le bici anche di notte”. A molti la bici serviva tutti i giorni e se si rompeva al ritorno dal lavoro, la bottega di Giuseppe era aperta fino alle ventidue e di nuovo dalle quattro per consegnare ai clienti alle sette la bici. Era appassionato per il suo lavoro, per pochi soldi, a volte anche gratis. Questo uomo semplice con il martello e cacciavite svolgeva un servizio sociale davvero meritevole.