Le case di una volta

Nei primi cinquant’anni del secolo scorso, la maggior parte delle famiglie viveva in case povere e diroccate di pietra intonacate parzialmente soltanto all’interno, con i pavimenti di legno consumato o di piastrelle di terracotta. Il tetto veniva coperto con beole in montagna e con coppi in pianura. I tetti vecchi e cadenti di una volta non riparavano il solaio dalle piogge e si doveva spesso ricorrere alle pentole e ai secchi per raccogliere l’acqua prima che penetrasse nelle stanze. Un’impresa indimenticabile.
Le case predisponevano di una cucina col camino al piano rialzato e la stalla al piano terreno, una o più stanze al secondo (dove si dormiva in molti) il solaio per la legna e il fienile in una tettoia accanto alla stalla e, in qualche caso, la cantina interrata. Le finestre erano molto piccole e lobbie di legno sporgevano sui piani superiori dove alle barriere terminali veniva appeso il granoturco per essiccare. Le scale anch’esse di legno erano fissate in basso e in alto alle lobbie e rendevano possibile l’accesso ai piani superiori. I viottoli, i sentieri, le strade sterrate e le mulattiere, percorse da muli e asini, erano le uniche vie di comunicazione tra le borgate rurali e il paese più vicino.
Non c’era l’elettricità e la luce in casa era data da lampade a olio di noci, petrolio o dalle candele di cera (molto costose in quel tempo) che si stava ben attenti a non consumare. L’acqua era disponibile per tutti alle fontanelle del paese dove uomini e donne con i secchi andavano a prenderla. I più attrezzati si servivano di un bastone ricurvo con intaccatura sulle estremità che, appoggiato sulle spalle, permetteva di portare due secchi pieni d’acqua.
Per cucinare c’era la stufa a legna in muratura o confezionata con ferro e ghisa. La cucina in muratura o in metallo, almeno fino al primo dopoguerra, era la cucina di quasi tutte le case italiane. Non mancava l’essenziale per cucinare: il focolare che scaldava le piastre in ghisa, la calderina per l’acqua calda per lavare i bambini nel mastello, le canne fumarie che servivano anche per asciugare d’inverno gli indumenti, Il forno per cucinare il pane o l’arrosto.
I mobili erano pochi: letti di legno con un materasso o sacco riempito di paglia o di cartocce del granoturco, poche coperte sdrucite e smunte dall’uso. Le lenzuola erano presenti nelle famiglie degli artigiani e commercianti. I figli di una famiglia numerosa dormivano in due, tre, nello stesso letto. Cassapanche e qualche armadio nelle stanze. In cucina si trovavano tavoli, sgabelli o panche, una madia per il pane e altri cibi, una trave alla parete con la stoviglieria attaccata ai chiodi, il camino.
D’altra parte tutta la vita della famiglia si svolgeva fuori, nel lavoro dei campi e quando si era in casa, si stava in cucina o, al più, nella stalla. Le stanze da letto erano riservate al dormire. Gli anziani mettevano l’inverno nel letto l’inverno scaldarlo “il prete”, un legno con due semiarchi a forma di barchetta con la parte interna rivestita di due lastre di ferro sottili e un contenitore metallico a forma di pentola dotato di piedini e manico di legno chiamato “la suora”. Questo contenitore riempito di brace con sopra uno strato leggero di cenere, per un’ora circa scaldava il letto.